Tale omissione, determinando la tassazione anche delle porzioni immobiliari destinate ad attività di culto, avrebbe comportato la violazione dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 7, terzo comma, dell’Accordo del 18 febbraio 1984 di revisione del Concordato lateranense, quest’ultimo escludendo ogni imposizione tributaria per le attività religiose degli enti ecclesiastici. La Corte costituzionale ha giudicato inadeguata la ricostruzione del quadro normativo operata dal rimettente e inesatta l’individuazione del parametro dallo stesso effettuata. Sotto il profilo ricostruttivo, il giudice a quo ha attribuito alla norma pattizia del 1984 una portata esonerativa immediata, come se essa si riferisse alle attività religiose in sé, mentre tale norma si limita a equiparare, per gli effetti tributari, l’attività di culto-religione a quella di beneficenza-istruzione; inoltre, il rimettente non ha tenuto conto dell’incidenza del diritto dell’Unione europea, viceversa determinante nello sviluppo della normativa interna sulla tassazione immobiliare degli enti non commerciali; infine, l’ordinanza di rimessione non ha chiarito se il fabbricato di causa fosse all’epoca frazionabile, sì da consentire, ancor prima che l’onere di frazionamento fosse formalizzato nel regime dell’IMU (imposta subentrata all’ICI), quello «scorporo delle superfici» la cui possibilità è oggetto della questione.
Riguardo al parametro, la Corte ha ricordato che il sindacato di legittimità costituzionale sulle disposizioni del Concordato lateranense, e sulle modificazioni ad esso apportate, viene ricondotto dalla propria giurisprudenza non all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, bensì all’articolo 7, secondo comma, della Costituzione, ai sensi del quale i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica «sono regolati dai Patti Lateranensi».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link