L’occupazione sta segnando record storici, i redditi reali sono in crescita, l’inflazione è sotto controllo, ma l’Italia cresce troppo poco. È necessaria una spinta al Paese che ancora non si vede. E intanto gli allarmi si susseguono
Su conti correnti e depositi bancari e postali le famiglie italiane hanno fermi qualcosa come 1.550 miliardi. Altri 500 miliardi di liquidità sono depositati dalle imprese. In totale fanno 2 mila miliardi, una cifra che si avvicina molto al Prodotto interno lordo, vale a dire a tutta la ricchezza creata dall’Italia in un anno. L’occupazione sta segnando record storici, i redditi reali sono in crescita, l’inflazione è sotto controllo.
Eppure l’Italia cresce poco, troppo poco. Secondo la Confcommercio siamo vicini allo zero, o perlomeno dal 2024 il trascinamento che ci siamo portati nel 2025 è piatto e, a giudicare dall’andamento del primo bimestre, ancora lì siamo. È necessaria una spinta al Paese che ancora non si vede. Gli allarmi si susseguono. Ha iniziato Confindustria segnalando una produzione stagnante. Le organizzazioni del commercio da tempo, avendo le antenne piantate sulla frontiera del Paese reale, quello dei consumi quotidiani, hanno mostrato accenti preoccupati sulla situazione. E quella produzione che cala ormai da due anni, rischia di contagiare anche altri settori.
Il turismo sta reggendo con il nuovo record di 460 milioni di pernottamenti nel 2024. Ma siamo ben lontani dall sua «industrializzazione», che è stata fatta, con grande successo, in altri Paesi come Spagna e Francia. E probabilmente è proprio nella incapacità di fare sistema, che sono radicati i nostri problemi.
Quegli oltre 500 miliardi tenuti in banca sono soprattutto di piccole e medie imprese. Indice probabilmente non solo di una situazione che giudicano non favorevole agli investimenti, ma di un mercato dei capitali poco amichevole con le pmi. Quanto è stato fatto per rendere il mercato dei capitali efficiente tra concorrenza bancaria e Borsa? L’elenco potrebbe allungarsi su quelle due transizioni, digitale e sostenibile, alla base del Pnrr, che sembrano improvvisamente dimenticate facendo venir meno due assi di sviluppo sui quali negli ultimi anni il Paese era cresciuto.
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