Indagine Future Age: l’83% delle PMI in difficoltà con il personale. Il 64% degli imprenditori pensa di vendere l’azienda


ll cuore pulsante dell’economia italiana, le piccole e medie imprese (PMI), sta affrontando una crisi che rischia di compromettere la loro competitività e sopravvivenza: la carenza di personale qualificato e motivato. La difficoltà emerge come un problema cruciale per le piccole e medie imprese, che rappresentano il 98% del tessuto imprenditoriale del Paese. Secondo un’indagine dell’I-Aer (Institute of Applied Economic Research), tra il 2024 e il 2028 il fabbisogno di forza lavoro in Italia si attesterà tra i 31 e i 36 milioni di occupati, a seconda degli scenari futuri. Questo dato include la sostituzione di circa 2,9 milioni di lavoratori in uscita. Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna e Veneto guideranno la domanda di nuovi occupati. Tuttavia, nonostante la digitalizzazione abbia trasformato i processi di ricerca e selezione del personale, le pmi faticano a trovare candidati idonei: il 70% segnala difficoltà nel reperire personale adatto.

In questo quadro complesso si inserisce l’analisi del Centro Studi di Future Age, azienda specializzata in Change Management e digitalizzazione avanzata, che ha approfondito il fenomeno grazie a un’indagine su oltre 2500 imprenditori e aziende che sono stati intervistati tramite un questionario, in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. E sono state così individuate strategie concrete per supportare le imprese in questa difficile transizione.

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UNO SCENARIO ALLARMANTE: NUMERI E IMPATTI DELLA CRISI DEL PERSONALE

  • L’83% delle PMI dichiara di avere problemi di gestione del personale.
  • L’89% delle imprese segnala difficoltà nel reperire personale qualificato.
  • Il 64% degli imprenditori considera la problematica del personale come il primo motivo per cui valutare la vendita della propria azienda.

Questa crisi non riguarda solo la difficoltà di trovare lavoratori competenti, ma riflette un cambiamento culturale profondo: il lavoro, che un tempo era visto come un’opportunità di crescita, oggi è percepito da molti come un peso. Questo atteggiamento mina la competitività delle aziende, che non possono permettersi dipendenti demotivati in un mercato sempre più selettivo.

UN CAMBIAMENTO CULTURALE PREOCCUPANTE

Sempre più spesso, i lavoratori sembrano preferire una mentalità del “diritto a pretendere”, piuttosto che un’attitudine alla crescita e al sacrificio. La società post-pandemica ha visto un aumento dell’atteggiamento passivo nei confronti del lavoro, con un calo della motivazione e dell’etica professionale. Se in passato il lavoro era percepito come un mezzo per costruire il proprio futuro, oggi si assiste a un fenomeno in cui molte persone preferiscono restare senza impiego e vivere di sussidi piuttosto che affrontare le difficoltà del mondo lavorativo. Questo atteggiamento si riflette in numerosi settori strategici per il Paese, dove la mancanza di personale sta mettendo a rischio l’intero sistema produttivo.

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«Per affrontare la crisi del personale, gli imprenditori devono sviluppare una leadership solida e visionaria, capace di motivare e coinvolgere i collaboratori. Il cambiamento deve partire dall’alto e diffondersi in tutta l’organizzazione. Gestire il personale oggi richiede determinazione, strategia e la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti. Chi non sarà in grado di farlo, rischia di vedere la propria azienda travolta dalla concorrenzaafferma Paolo Borghetti, CEO di Future Age.

LE CAUSE DELLA CRISI: TRA DISINTERESSE, DISORGANIZZAZIONE E MANCATA DIGITALIZZAZIONE

Dopo oltre 1.700 PMI analizzate, Future Age ha individuato tre categorie principali di lavoratori all’interno delle aziende:

  • Le “Motrici” (10% del personale): figure leader, trainanti e indispensabili.
  • I “Vagoni” (70% del personale): lavoratori diligenti che necessitano di una guida costante.
  • I “Carichi deragliati” (20% del personale): dipendenti demotivati o poco produttivi, che spesso compromettono la performance aziendale.

A questa suddivisione si aggiunge un altro problema strutturale: l’organizzazione inefficiente e la mancata digitalizzazione delle PMI, che risultano poco attrattive per i giovani talenti. Spesso le aziende operano con processi manuali e poco strutturati, privi di strumenti digitali avanzati come ERP, MES e sistemi di Business Intelligence. Questo ostacola la produttività e frena l’innovazione.

I SETTORI PIÙ COLPITI

L’indagine di Future Age ha individuato i comparti industriali che stanno soffrendo più di altri la carenza di personale qualificato:

  • Engineering to Order (ETO): aziende che producono su commessa faticano a trovare ingegneri, progettisti e tecnici specializzati.
  • Lavorazioni meccaniche di precisione: mancano operatori di macchine CNC, competenze fondamentali per la produzione industriale avanzata.
  • Automazione e robotica: settori in crescita che necessitano di softwaristi e tecnici esperti nella manutenzione di impianti automatizzati.
  • Fonderie e acciaierie: l’industria metallurgica richiede operai altamente qualificati, ormai sempre più difficili da reperire anche tra gli immigrati.

CHANGE MANAGEMENT E DIGITAL MENTOR: LA SOLUZIONE PER MIGLIORARE CLIMA AZIENDALE E MOTIVAZIONE DEL PERSONALE

Per superare questa crisi, Future Age ha sviluppato un modello innovativo di Change Management: il Digital Mentor. Questo metodo si basa su tre pilastri fondamentali:

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  • Psicologia – Per migliorare il clima aziendale e la motivazione del personale.
  • Ingegneria – Per ottimizzare processi, ruoli e KPI aziendali.
  • Informatica – Per implementare tecnologie avanzate e rendere le PMI più efficienti e attrattive.

«Le PMI italiane devono affrontare una trasformazione profonda, che non può limitarsi a un cambio tecnologico, ma deve partire dalla mentalità e dall’organizzazione aziendale – afferma Paolo Borghetti, founder e CEO di Future Age – Senza un cambiamento strutturato, molte imprese rischiano di perdere competitività e di scomparire».

IL FUTURO DELLE PMI: RESILIENZA, ADATTAMENTO E DIGITALIZZAZIONE

Nei prossimi 5-10 anni, la capacità delle PMI italiane di adattarsi e innovare sarà cruciale. Servono politiche aziendali più strutturate, una gestione del personale più efficace e un uso strategico della digitalizzazione. Future Age si pone come partner chiave per le imprese che vogliono affrontare questa sfida con un approccio moderno e sostenibile.

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