Lavoro e «salary gap»: donne svantaggiate ma 24mila imprese rosa


Le sfide irrisolte dell’8 marzo

La provincia di Brescia viaggia a due velocità: da un lato le retribuzioni sono lontane da quelle degli uomini, dall’altro l’imprenditoria è ottava in Italia e seconda in Lombardia alle spalle soltanto di Milano. Reboni (Cisl): «Si aspetta ancora un’inversione di tendenza che per ora non si vede. Manca una corretta formazione»

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Si fa presto a dire 8 marzo. Soprattutto dal punto di vista lavorativo, perchè le sfide per inseguire, e poi raggiungere, la parità sono ancora lontane dall’essere vinte. Anche in una provincia come quella di Brescia, provincia ricca dove il lavoro non manca e dove le condizioni sono migliori rispetto ad altre parti d’Italia: ma la strada da percorrere è ancora lunga.

I numeri

Le donne lavoratrici in provincia di Brescia (ultimi dati disponibili sono quelli del 2023, a breve saranno resi noti quelli del 2024) sono 224.000 mila con un tasso occupazionale del del 59,2%: come dire che 3 donne su 5 lavorano, mentre i maschi sono poco meno di 4 su 5 (78,6%, con 326.000 occupati). Ma sono i salari che fanno la differenza, che se da un lato si attesta su un valore del 10% a favore dei maschi che sono pagati di più, scorrendo i numeri del progetto GOL di Regione Lombardia, che ha l’obiettivo del ricollocamento lavorativo di chi è rimasto senza occupazione, le cose sono anche peggiori.

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Alla data del 17 gennaio 2025 sono state 26.976 le persone che sono state protagoniste del progetto per quello che riguarda Brescia, con un ammontare di finanziamenti destinati alla nostra provincia di oltre 84 milioni di euro. Ma la differenza di retribuzione è stata netta: 14.381 euro per le donne, 20.132 euro per gli uomini; addirittura con 253 giorni lavorativi per le donne e 239 per gli uomini: un gap ancora più clamoroso. Importante anche un’altra chiave di lettura: proroghe e trasformazioni di contratti.

Secondo i dati del Centro per l’impiego della Provincia sul totale delle proroghe il 38,5% ha riguardato le donne mentre per quello che riguarda le trasformazioni di contratti poco più del 40%, il 40,61. In poche parole: un datore di lavoro fa più fatica a concedere ad una lavoratrice il rinnovo di un contratto di lavoro, oppure a modificare il contratto in essere magari da determinato a indeterminato.

In linea invece avviamenti e cessazioni: nel terzo trimestre 2024 gli avviamenti hanno riguardato il 54,74% gli uomini e il 45,26% le donne, mentre le cessazioni sono state il 59,39% la maschile e al 40,61% al femminile. «Stiamo vivendo una situazione non semplice – commenta Paolo Reboni, segretario generale aggiunto della Cisl di Brescia -. Non è drammatica, ma se paragonata ad alcune zone dell’Europa lo scarto è evidente. Giovani e donne sono penalizzati nell’accesso al lavoro: i giovani se ne vanno, e non va dimenticato invece per le donne che hanno un carico di lavoro in casa, nell’ambito familiare, che porta via energie e tempo. Tutti chiedono sforzi e inversioni di tendenza, ma all’orizzonte di tutto questo non si vede nulla; non si fa corretta formazione, non si fa corretta informazione, il mondo cambia a velocità che fino a poco tempo fa erano impensabili e nessuno reagisce».

Il mondo dell’imprenditoria

Per quello che invece riguarda le imprese, le cose non vanno malissimo. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, al termine del 2024 in provincia si contano 24.130 imprese femminili, pari al 20,7% del totale delle imprese registrate: soltanto sette province ne contano di più ovvero Roma, Milano, Torino, Bari, Napoli, Palermo e Salerno. Di queste, 5.387 sono imprese artigiane femminili, rappresentando il 17,1% del totale delle imprese artigiane bresciane. Un dato particolarmente significativo è che l’artigianato femminile incide per il 22,3% sul totale dell’imprenditoria femminile della provincia, un valore superiore alla media nazionale del 16,7%.

Per il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti «le nostre rilevazioni dimostrano che l’imprenditoria femminile non solo contribuisce in modo significativo all’occupazione, ma testimonia la forte vocazione artigiana delle donne imprenditrici bresciane e la loro capacità di innovare e creare valore nel territorio dove quasi un’imprenditrice su quattro opera in settori dell’artigianato. Le donne imprenditrici sono protagoniste di un cambiamento che sta riducendo il gender gap e mostrando alle nuove generazioni che le aspirazioni possono diventare realtà, anche rompendo gli stereotipi di genere nel mondo del lavoro. Tuttavia, nonostante i progressi, siamo consapevoli che c’è ancora molto da fare per rimuovere le difficoltà che ostacolano le donne e rimuovere gli ostacoli che ancora esistono, soprattutto in termini di accesso al credito, burocrazia e conciliazione famiglia e lavoro».

«Non chiediamo trattamenti di favore – sostiene la presidente di Donne Impresa Confartigianato Brescia Iolanda Pasini – ma il rispetto di diritti che spesso restano sulla carta. È fondamentale che, a tutti i livelli, si attuino politiche concrete per riconoscere i meriti delle donne, a cominciare da un welfare che risponda alle esigenze delle donne come madri, mogli, figlie e lavoratrici. E, soprattutto, è urgente affrontare i problemi comuni con i colleghi uomini, come fisco, burocrazia, accesso al credito e infrastrutture, per consentire a tutte le imprenditrici di crescere e prosperare. Chiediamo alla politica di ascoltare le nostre ragioni e di investire in un concreto sostegno all’imprenditoria femminile, affinché diventi davvero un pilastro della politica economica di questo Paese».





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