Le aziende europee stanno provando a depotenziare la direttiva Ue sulla trasparenza salariale. Se accadrà, questo danneggerà oltre 10 milioni di lavoratrici, causando loro una perdita complessiva di almeno 4,8 miliardi di euro all’anno. Soldi delle donne. Tolti dalle loro tasche. Lo denuncia la confederazione europea dei sindacati (Ces), citando nuovi dati di un’indagine condotta dall’istituto di ricerca Etui.
La direttiva Ue
La direttiva europea 2023/970 obbliga i datori di lavoro a garantire una maggiore trasparenza nelle retribuzioni, e quindi a fornire ai dipendenti informazioni chiare e accessibili sui criteri utilizzati per determinare gli stipendi e sulle politiche salariali aziendali. È stata approvata nella scorsa legislatura, e gli Stati hanno tempo fino al giugno 2026 per recepirla.
La denuncia della Ces
Ma, denuncia la Ces, Business Europe (la confederazione delle imprese europee) “sta facendo pressione sulla Commissione affinché escluda la maggior parte delle aziende coperte dalla direttiva dall’obbligo di segnalare il divario retributivo di genere tra i propri lavoratori”. L’allarme Ces prosegue: “Vogliono introdurre un’esenzione per le aziende con un numero di dipendenti compreso tra 100 e 250”. Aziende – calcola l’Etui – che impiegano oltre 10 milioni di donne, “lavoratrici che rimarrebbero all’oscuro del divario salariale di genere all’interno del loro luogo di lavoro”.
Il sindacato ricorda che la trasparenza si è dimostrata uno strumento cruciale per le lavoratrici nella riduzione del divario retributivo di genere. Ricerche accademiche indipendenti suggeriscono che nelle aziende in cui esiste trasparenza salariale il divario retributivo di genere è inferiore del 10-20%.
“Dovrebbero vergognarsi”
La Ces ha chiesto alla Commissione europea di mantenere la sua posizione e di non fare passi indietro sulla direttiva. Per il sindacato, “la Commissione deve garantire la piena attuazione della direttiva e annunciare misure concrete di follow-up nella sua prossima Roadmap per i diritti delle donne”. Perché, commenta Isabelle Schömann, vicesegretaria generale della Ces, “la Giornata internazionale della donna è una giornata di azione, non di frasi vuote”.
“Più riusciamo a far luce sulla discriminazione – prosegue Schömann -, più possiamo costringere all’azione per affrontare questa ingiustizia. Ma è chiaro che alcuni sono determinati a lasciarci nell’ombra. Le aziende che stanno attivamente cercando di smantellare misure ottenute con fatica, che sappiamo ridurre il divario retributivo di genere, dovrebbero vergognarsi”.
Aggiunge la sindacalista: “Le aziende si lamentano di essere eccessivamente gravate dalle normative, ma sono le donne lavoratrici che per troppo tempo hanno subìto il peso di salari bassi. Ci rifiutiamo di pagare il conto”.
Quanto perderebbero le lavoratrici
Le stime riportate da sindacato ed Etui sono in realtà “conservative”. Si basano cioè sull’ipotesi che la trasparenza salariale possa ridurre il divario retributivo di genere del 10%. Ma se si ipotizzasse una riduzione del 15%, percentuale che riflette più accuratamente i risultati di diversi studi, il danno per le donne della direttiva “annacquata” salirebbe a 7,2 miliardi di euro annui.
Leggiamo nell’indagine Etui: “Il salario che le donne perdono ogni anno, in media, rispetto a un uomo che lavora un numero simile di ore nello stesso paese, anche in una piccola o media impresa e nella stessa grande categoria professionale, viene calcolato moltiplicando il divario retributivo di 2,76 euro per le 140 ore lavorate al mese e successivamente moltiplicando il risultato per 12, così da ottenere il valore annuale”.
Questo porta a una perdita di 4.640,45 euro all’anno per ogni donna. Commisurando questi numeri ai 10 milioni di lavoratrici delle imprese con 100-249 dipendenti, i ricercatori Etui arrivano alla cifra monstre di 4,8 miliardi annui.
Dati alla mano, la trasparenza aiuta le donne
L’Etui ricorda che la trasparenza salariale ha ampiamente dimostrato di ridurre il divario retributivo di genere, con una riduzione media stimata intorno al 15%.
In paesi senza legislazione sulla trasparenza, il divario retributivo medio è del 16,9%, rispetto al 14% dei paesi con trasparenza.
Diversi studi hanno dimostrato che politiche come l’Equality Act, promulgato nel 2010 nel Regno Unito, hanno portato a una riduzione del 18% del gap salariale uomini-donne. “Diluire” la direttiva europea non è esattamente un gesto a favore delle donne lavoratrici. Non è proprio un’opzione.
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