Il governo avrebbe deciso di rivedere la destinazione di tre miliardi di euro, inizialmente previsti per Transizione 5.0, per convogliarli verso interventi ritenuti più utili al rilancio industriale. Lo avrebbe annunciato il ministro per gli Affari Europei e il Pnrr, Tommaso Foti, all’interno della rassegna Futura Expo che si è tenuta a Brescia, segnalando la necessità di un cambio di rotta dopo i risultati deludenti del piano. «Risorse – spiega Foti – che verranno utilizzate sempre a favore delle imprese. In generale, per la ricognizione che ho avuto con i diversi ministeri, il 90% dei fondi riprogrammati resterà all’interno dello stesso capitolo».
Il provvedimento risponderebbe alle richieste di molte imprese e riprenderebbe, almeno in parte, la proposta avanzata da Carlo Calenda, che da tempo spinge per un ritorno agli incentivi che avevano già dato prova di funzionare, dirottando due miliardi della fallita Transizione 5.0 a Industria 4.0 (leggi qui l’articolo approfondito).
Calenda, promotore del piano Industria 4.0 nel 2016, avrebbe ribadito l’importanza di ripristinare e potenziare questa iniziativa per sostenere l’industria italiana. In un’intervista a Industria Italiana, (che si può vedere qui), ha sottolineato: «I soldi della fallita Transizione 5.0 si potrebbero semplicemente portare in Industria 4.0». L’ex ministro dello Sviluppo Economico ha sempre sostenuto che il piano originale abbia favorito la competitività delle imprese attraverso incentivi automatici per investimenti in beni strumentali e formazione. La sua proposta attuale prevederebbe lo spostamento di 2 dei 6,3 miliardi di euro stanziati per Transizione 5.0 verso un nuovo piano Industria 4.0, con un’aliquota unica al 33% per investimenti in tecnologie, ricerca e sviluppo e formazione.
strategia finalizzata a sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese. Per il biennio 24-25 sono stati stanziati 12,7 mld complessivi. (Fonte Mimit)
Questa strategia vorrebbe semplificare l’accesso agli incentivi e garantire continuità nelle politiche industriali, rispondendo alle esigenze delle imprese, che richiedono strumenti stabili e facilmente accessibili per pianificare investimenti a lungo termine. La proposta di Calenda rifletterebbe una visione orientata al rafforzamento del tessuto industriale italiano, puntando su misure già collaudate e apprezzate dal mondo imprenditoriale. La sua esperienza come Ministro dello Sviluppo Economico e la conoscenza delle dinamiche industriali conferirebbero peso alle sue raccomandazioni, evidenziando la necessità di politiche industriali efficaci e orientate al futuro.
Solo l’8% delle risorse di Transizione 5.0 sarebbe stato effettivamente utilizzato: su sei miliardi disponibili, appena 502 milioni sarebbero stati prenotati dalle imprese. Numeri che evidenzierebbero un disinteresse diffuso, dovuto soprattutto alla complessità delle procedure e ai vincoli stringenti, che avrebbero scoraggiato gli investimenti (clicca qui per leggere l’articolo approfondito). Ora il governo promette di intervenire per non disperdere fondi preziosi, ma resterebbe da capire quale potrebbe essere la nuova destinazione delle risorse.
La proposta di Calenda:un modello lineare, chiaro per le imprese e compatibile con la logica dei fondi europei, se negoziato bene a Bruxelles
Dove finiranno i tre miliardi?
Secondo le prime indiscrezioni, riportate dal Sole 24 Ore, la riprogrammazione prevederebbe che la maggior parte delle risorse resti nel perimetro degli incentivi per le imprese. Tra le ipotesi più accreditate, ci sarebbe il rafforzamento dei contratti di sviluppo e un rilancio mirato di Industria 4.0. L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di evitare il ripetersi degli errori di Transizione 5.0, garantendo incentivi più semplici e immediatamente fruibili.
Marco Nocivelli, vicepresidente di Confindustria per le politiche industriali e il Made in Italy, ha evidenziato la necessità di una strategia di lungo periodo: «Serve continuità sugli incentivi, non interventi sporadici che coprono appena qualche mese. L’industria italiana non può permettersi di navigare a vista». La principale preoccupazione, infatti, sarebbe il vuoto di strumenti che potrebbe crearsi dal 2026, una volta terminato il Pnrr.
Il flop di Transizione 5.0: vincoli e scadenze irrealistiche
Se il governo starebbe valutando di riallocare i fondi, è anche perché Transizione 5.0 si sarebbe rivelato poco attrattivo per le imprese. Il motivo principale? Un eccesso di burocrazia. L’obbligo di dimostrare una riduzione dei consumi energetici del 3% a livello aziendale o del 5% nei singoli processi produttivi avrebbe rappresentato un ostacolo significativo, in particolare per le Pmi. A questo si sarebbe aggiunta la scadenza del 31 dicembre 2025, considerata troppo ravvicinata per realizzare progetti complessi di digitalizzazione ed efficientamento energetico.
Questa rigidità avrebbe paralizzato le richieste di finanziamento, tanto che il governo, pur avendo ottenuto da Bruxelles una parziale revisione dei vincoli, avrebbe preferito procedere con la riprogrammazione.
tramite la Piattaforma Informatica «Transizione 5.0» accessibile SPID dall’Area Clienti del sito istituzionale del GSE. (Fonte: Mimit)
Industria 4.0: un modello già collaudato tra iperammortamento e crediti d’imposta
Non sorprenderebbe che tra le opzioni sul tavolo ci sia il rilancio di Industria 4.0. Il piano, introdotto nel 2016, avrebbe dimostrato di stimolare investimenti, favorire la digitalizzazione delle imprese e rafforzare la competitività del settore manifatturiero. Il meccanismo degli incentivi, basato su iperammortamento e crediti d’imposta, era chiaro e privo di complicazioni burocratiche. Ora la palla passa all’esecutivo: i tre miliardi di euro saranno la base per un rilancio strategico o si disperderanno in misure estemporanee?
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