Usa. Investitori cinesi nelle aziende di Elon Musk


di Giuseppe Gagliano

Un recente report del Financial Times, ripreso dalla Reuters, rivela che facoltosi investitori cinesi stanno incanalando decine di milioni di dollari nelle società private di Elon Musk, tra cui SpaceX, Neuralink e la startup xAI, utilizzando strutture che ne schermano l’identità. In particolare tre gestori di fondi legati a capitali cinesi hanno riferito di aver collocato, negli ultimi due anni, oltre 30 milioni di dollari in azioni di SpaceX, xAI e Neuralink a favore di investitori cinesi. Questi investimenti vengono effettuati tramite special-purpose vehicles (SPV), entità societarie create ad hoc, per aggirare la diffidenza delle autorità statunitensi e delle stesse aziende verso il capitale cinese, in un momento in cui le relazioni USA-Cina sono tese. Secondo le fonti citate, l’afflusso di capitali cinesi nell’impero societario di Musk è principalmente di natura speculativa, motivato dal profitto, e “ha poco a che fare con trasferimenti tecnologici o influenza su politiche pubbliche”. SpaceX, Neuralink e xAI (interpellate) non hanno commentato queste rivelazioni.
Oltre alle partecipazioni nelle società non quotate di Musk, vi sono stati investimenti cinesi rilevanti anche in Tesla, l’azienda automobilistica da lui fondata. Nel 2017 il colosso tecnologico cinese Tencent acquisì il 5% di Tesla per circa 1,78 miliardi di dollari, fornendo a Tesla capitale e un prezioso alleato sul mercato asiatico. Tale quota rappresentò un voto di fiducia cinese verso Musk e i veicoli elettrici, e si è rivelata strategica per l’espansione di Tesla in Cina. Tencent ha successivamente ceduto interamente la sua partecipazione (ha “divestito” la quota) entro il 2022-2023, alla luce sia del fortissimo aumento di valore delle azioni Tesla sia del mutato contesto geopolitico. Nonostante l’uscita di Tencent, la Cina resta cruciale per Tesla: il grande stabilimento Tesla di Shanghai (Gigafactory) produce circa metà delle auto Tesla vendute globalmente, e investitori istituzionali cinesi figurano tra gli azionisti internazionali dell’azienda (sebbene nessuno con una quota paragonabile a quella che fu di Tencent).
L’ingresso di capitali cinesi nelle aziende di Elon Musk solleva vari rischi geopolitici, strategici ed economici, data la competizione tra Stati Uniti e Cina in ambito tecnologico e la posizione di rilievo delle imprese di Musk
La presenza di interessi cinesi potrebbe condizionare le scelte di Musk o delle sue aziende su temi sensibili. Musk ha sostanziali interessi commerciali in Cina, ad esempio Tesla ricava circa un terzo delle sue vendite dal mercato cinese, il che rende il magnate potenzialmente esposto alle leve di Pechino. Leader bipartisan del Congresso Usa hanno avvertito che il Partito Comunista Cinese potrebbe cercare di sfruttare Musk per influenzare la politica Usa in suo favore. In altri termini Pechino vede figure come Musk (imprenditori con forti legami commerciali in Cina) come possibili canali di pressione sulle istituzioni americane. Un esempio concreto fu la sortita di Musk nel 2022 sulla questione di Taiwan: il patron di Tesla suggerì pubblicamente di risolvere le tensioni Cina-Taiwan concedendo a Taiwan lo status di “zona amministrativa speciale” sul modello di Hong Kong. Questa posizione, allineata alle preferenze di Pechino, valse a Musk i ringraziamenti di funzionari cinesi, ma suscitò critiche a livello internazionale e da parte di Taipei, evidenziando come i suoi commenti potessero essere influenzati dal desiderio di compiacere la Cina (dove Tesla opera). Il timore dunque è che la dipendenza di Musk dal mercato e dal capitale cinesi si traduca in autocensura o in interventi favorevoli a Pechino su temi geopolitici, potenzialmente in contrasto con gli interessi occidentali.
Le aziende high-tech di Musk operano in settori sensibili (spazio, intelligenza artificiale, neurotecnologie) con rilevanza strategica e anche applicazioni militari. La partecipazione – seppur indiretta – di investitori cinesi in società come SpaceX o Neuralink desta preoccupazione negli USA per possibili implicazioni sulla sicurezza nazionale. SpaceX, ad esempio, collabora con NASA e Dipartimento della Difesa USA (lancia satelliti militari e fornisce servizi come Starlink con valenza strategica); la presenza di capitale cinese nel suo azionariato, ancorché di minoranza, potrebbe rappresentare un rischio di accesso a informazioni o tecnologie riservate. Gli investitori cinesi coinvolti sostengono di non avere intenzioni di questo tipo e di puntare solo al ritorno economico. Tuttavia, visti i precedenti di spionaggio industriale e acquisizione di tecnologie avanzate da parte cinese, le autorità americane mantengono alta l’attenzione. Strumenti come il Committee on Foreign Investment in the US (CFIUS) potrebbero essere attivati per scrutinare o porre condizioni a investimenti stranieri in settori critici. È possibile che Musk e i suoi soci debbano riequilibrare la struttura societaria se i fondi cinesi diventassero troppo rilevanti, per evitare interventi governativi. Sul fronte opposto, anche Pechino vede con sospetto alcune attività di Musk: ad esempio la rete satellitare Starlink (SpaceX) e la piattaforma X/Twitter, quest’ultima bandita in Cina, sono considerate minacce alla sicurezza e all’influenza cinese. Ciò configura un delicato gioco di equilibrio: Musk deve evitare sia di alienarsi Washington accettando troppo capitale cinese, sia di irritare Pechino con iniziative (tecnologiche o di contenuto) contrarie agli interessi cinesi.
L’apporto di capitali e mercato dalla Cina, se da un lato ha favorito la crescita vertiginosa delle aziende di Musk, dall’altro le rende esposte a rischi di ritorsione o shock geopolitici. Tesla è il caso emblematico: la Cina è diventata il secondo mercato al mondo per Tesla e il più dinamico, con oltre 650.000 auto vendute in Cina nel 2024 (circa il 37% delle consegne globali). Inoltre la Cina ha sostenuto Tesla in vari modi, concedendo prestiti agevolati (oltre mezzo miliardo di dollari da banche statali) e vantaggi fiscali significativi per facilitare l’apertura della Gigafactory di Shanghai. Questa dipendenza economica implica che, in caso di deterioramento dei rapporti Usa-Cina (es. guerre commerciali, sanzioni incrociate o crisi su Taiwan), le imprese di Musk potrebbero finire “ostaggio” delle rivalità geopolitiche. Pechino potrebbe ad esempio imporre restrizioni alle attività di Tesla in Cina o ostacolare la sua filiera (batterie e componenti, in gran parte fornite da aziende cinesi), danneggiando seriamente l’azienda per fare pressione su Musk o sul governo USA. D’altro canto, gli investitori cinesi stessi corrono rischi: se le tensioni aumentassero, Washington potrebbe bloccare o forzare la cessione delle quote cinesi nelle aziende di Musk per motivi di sicurezza nazionale, causando perdite agli investitori. Anche a livello finanziario puro un peggioramento delle relazioni potrebbe ridurre il valore di queste partecipazioni, ad esempio sconti sul prezzo delle quote SpaceX per il “rischio Cina”. In sintesi, la presenza cinese crea un rapporto di interdipendenza: Musk beneficia di capitali e mercato cinesi, ma diventa anche vulnerabile a decisioni politiche di Pechino, mentre gli investitori cinesi scommettono sul successo di Musk ma sono esposti al clima politico internazionale.
Per facilitare gli investimenti cinesi nelle aziende di Musk sono impiegate strutture finanziarie opache e veicoli societari appositi, concepiti per eludere barriere normative e mitigare la visibilità di tali operazioni. Uno degli strumenti chiave sono i Special-Purpose Vehicles (SPV): società create ad hoc con il solo scopo di detenere una partecipazione in un’impresa target. Nel caso in esame, i capitali cinesi vengono canalizzati verso SpaceX, Neuralink, xAI ecc. attraverso SPV dedicati, in modo che l’effettivo beneficiario economico (l’investitore cinese) resti dietro le quinte. Questo “schermo” garantisce anonimato agli investitori e serve ad “evitare l’ira delle autorità USA” o la diffidenza delle aziende americane verso fondi cinesi. In pratica, invece di comprare azioni di SpaceX o Neuralink a titolo personale, un investitore cinese mette i suoi soldi in un’entità veicolo – spesso registrata offshore o tramite un intermediario occidentale – la quale figura legalmente come azionista. Di conseguenza, nel registro soci delle aziende di Musk compare il nome dell’SPV (o del fondo gestito da terzi), e non quelli dei singoli finanziatori cinesi, riducendo la trasparenza sul contributo di capitale dalla Cina.
I gestori di patrimoni e fondi di investimento svolgono un ruolo cruciale in questa architettura. Secondo il Financial Times, esistono asset manager “cino-sponsorizzati” che hanno raccolto quote di SpaceX, Neuralink e altre società di Musk per poi rivenderle a facoltosi clienti cinesi in modo riservato. Questi gestori creano fondi dedicati o società-veicolo in cui confluiscono le somme dei loro clienti; a loro volta, tali veicoli investono nelle società di Musk acquistando azioni sul mercato privato (ad esempio da dipendenti o azionisti esistenti che vendono parte delle loro quote). L’operazione consente agli investitori finali di ottenere esposizione economica al successo di SpaceX & co., mascherando al contempo l’origine cinese dei fondi. Questa prassi è stata favorita dal fiorire di un mercato secondario per le azioni di società non quotate di Musk, molto ambite dagli investitori globali data la crescita di valutazione di queste imprese.
Un caso emblematico è quello di Leo Group, una società cinese che nel 2021 annunciò pubblicamente l’intenzione di investire 50 milioni di dollari in SpaceX tramite un fondo Usa. In dettaglio Leo Group comunicò che una sua controllata di Hong Kong avrebbe partecipato con 50 milioni di dollari al fondo Tomales Bay Capital Anduril, un veicolo del Delaware creato proprio per raccogliere capitali da investire in SpaceX. La notizia fece scalpore – le azioni Leo in Cina balzarono per l’entusiasmo degli investitori locali, ma attirò anche l’attenzione delle autorità. Pochi giorni dopo, infatti, il fondo americano restituì i 50 milioni a Leo Group e rescisse l’accordo, a quanto pare per timori regolamentari e pressioni (il tentativo di investimento diretto cinese in SpaceX era diventato troppo visibile). Leo Group protestò, ma dovette incassare il ritiro forzato. Questo episodio ha mostrato chiaramente come un investimento cinese diretto nelle aziende di Musk possa incontrare ostacoli se dichiarato in modo trasparente – sia per le reazioni dei regolatori cinesi (nel caso Leo, la borsa di Shenzhen chiese chiarimenti sulla legalità dell’operazione) sia per la riluttanza di controparti americane ad accettare capitali cinesi in settori delicati. Dopo quel precedente, gli investitori cinesi hanno adottato un profilo più basso, preferendo strutture discrezionali (SPV offshore, accordi privati) anziché annunci pubblici, per evitare veti ed eccessiva pubblicità.
Oltre agli SPV, vengono utilizzati altri accorgimenti finanziari. Strutture di partnership e fondi con base in paradisi fiscali o piazze finanziarie neutrali (ad es. Cayman, Singapore, Hong Kong) sono comunemente impiegate per aggirare i controlli sia cinesi che americani. La Cina ha stringenti regole sul deflusso di capitali, i cittadini cinesi non possono facilmente esportare grandi somme, ma gli individui molto facoltosi e le aziende possono far leva su entità estere per investire oltreoceano. Canalizzare l’investimento tramite una società di Hong Kong o un fondo di diritto statunitense consente di rispettare formalmente le normative, presentando l’operazione come investimento domestico di tali entità, mentre in realtà la provvista arriva dalla Cina continentale. Dal lato statunitense, invece, utilizzare un intermediario locale o un’entità schermata evita di far scattare alert immediati: un piccolo fondo californiano che compare nel capitale di SpaceX desta meno sospetti di quanto farebbe una società dal nome cinese. Questa ingegneria finanziaria, fatta di scatole societarie, trust e accordi fiduciari, è dunque la chiave che ha permesso agli investitori cinesi di prendere piede nell’ecosistema di Elon Musk in modo incrementale. Si tratta di un coinvolgimento ancora relativamente limitato in termini di entità (qualche decina di milioni di dollari), ma significativo per le implicazioni strategiche: evidenzia come, nonostante le tensioni geopolitiche, le élite finanziarie cinesi continuino a trovare modi creativi per partecipare alle imprese tecnologiche americane più innovative, bilanciando i rischi politici con le potenziali ricompense economiche.

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