Il Mef prevede investimenti per 200 miliardi: più spesa per la difesa senza creare ulteriore debito pubblico
Ieri sera a cena, dopo la riunione dell’Eurogruppo, i ministri finanziari dei Ventisette hanno discusso delle diverse opzioni finanziarie sul tavolo per incrementare gli investimenti nella Difesa in Europa e questa mattina a colazione, prima dell’Ecofin, si concentreranno invece sulla flessibilità fiscale. Il piano ReArm Europe, che punta a mobilitare fino a 800 miliardi di euro, deve essere tradotto in pratica e la Commissione europea presenterà due proposte legislative prima del summit del 20 marzo.
Il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha presentato nel corso della cena la proposta italiana che punta ad aumentare la spesa nella Difesa evitando di creare ulteriore debito pubblico attraverso un maggiore coinvolgimento dei privati ma con il sostegno di garanzie pubbliche europee, sul modello di InvestEu. Secondo i calcoli di Roma si potrebbero mobilitare circa 200 miliardi di investimenti privati in 3-5 anni, utilizzando una garanzia pubblica di 16,7 miliardi di euro. Inoltre per l’Italia il piano non deve riguardare solo la Difesa in senso stretto ma anche sicurezza e protezione. Il ministro Giorgetti ha presentato ai suoi colleghi l’«Iniziativa europea per la sicurezza e l’innovazione industriale», che si basa su una struttura di garanzia europea multi-tranche, con l’uso complementare delle risorse nazionali e dell’Ue. «Dobbiamo tenere presente che qualsiasi nuovo debito pubblico, nazionale o europeo, dovrà essere rimborsato, il che richiede una visione a lungo termine di ripresa economica sostenibile a livello europeo», spiegavano ieri fonti del Mef, aggiungendo che «ciò è particolarmente importante per un Paese come l’Italia, impegnato in uno sforzo sostenuto per ridurre il suo stock di debito attraverso prolungati surplus di bilancio primari e che rimane un contributore netto al budget Ue».
Questa mattina invece i ministri saranno chiamati dal ministro polacco Domanski (Varsavia ha la presidenza di turno), che ha organizzato questi due momenti di confronto, a rispondere a due domande: se gli Stati membri sono favorevoli a includere nella categoria «Difesa» non solo gli investimenti in infrastrutture militari e l’equipaggiamento, ma anche i costi per il reclutamento di nuovi soldati e altre spese; se sono d’accordo sulla necessità di soluzioni permanenti o temporanee per consentire una maggiore spesa per la Difesa. Il commissario all’Economia Dombroskis ieri ha spiegato che «la Commissione non suggerisce di ricominciare a rivedere le regole fiscali in questa fase». Anche perché ci vorrebbe troppo tempo. La Germania però spinge in questa direzione.
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