Bruxelles – L’errore umano, in ambiente di lavoro, è un rischio sempre presente, e se una distrazione può causare qualche ritardo o perdita di efficienza, nell’era digitale può costare carissimo, fino a minacciare la sicurezza stessa di un’intera azienda. Un’indagine commissionata da Sharp Europe, azienda leader nella fornitura di apparecchiature e servizi tecnologici, e condotta da Censuswide, ha preso in esame 11 mila dipendenti di piccole e medie imprese in 11 paesi europei, Italia compresa, con l’obiettivo di comprendere meglio l’impatto delle abitudini degli impiegati sulla cybersecurity delle imprese.
Il risultato? Mentre l’84 per cento dei lavoratori si è detto sempre più preoccupato per la sicurezza informatica, con l’intelligenza artificiale come timore principale, le pratiche rischiose messe in atto in ufficio restano tante. Le più comuni, e più pericolose, sarebbero l’accesso a reti Wi-fi non protette con dispositivi aziendali, l’installazione di contenuti o software non autorizzati o provenienti da fonti dubbie, la mancata disconnessione degli account durante la notte e il mancato aggiornamento regolare dei pc. Secondo lo studio, il punto di massima vulnerabilità dai cyberattacchi è il venerdì pomeriggio, quando gli impiegati tendono a commettere più errori. Lo stress e il carico di lavoro sono un altro fattore di rischio: il 36 per cento dei lavoratori presi in esame li indica come la maggiore causa di disattenzione. Non c’è da stupirsi perciò se l’errore umano è la causa del 95% delle violazioni della sicurezza informatica.
E’ emerso inoltre che, nonostante la crescente consapevolezza delle minacce informatiche, un quinto del campione ritiene di non avere responsabilità nel garantire la sicurezza dei dati, adducendo che questo sarebbe appannaggio del reparto It della propria azienda. Secondo Sharp la soluzione al problema sarebbe, oltre ad un atteggiamento più attento da parte degli impiegati, l’incentivazione di programmi di formazione dedicati.
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