Per quanto tempo ancora la Campania sarà la regione più giovane d’Italia? Credo sia questa la prima domanda che tutti dobbiamo farci pensando alla qualità della vita, ai livelli occupazionali e, soprattutto, alle aspettative di un futuro dignitoso che i giovani pensano di avere nella nostra terra. Perché senza queste prospettive, senza la speranza di poter costruire la vita qui, nel Nostro Posto, dove hanno radici, affetti e famiglia, sarà difficile restare ancora per molto la regione più giovane. Certo, quello della migrazione non è un fenomeno recente, ma la differenza è che, dopo una stagione di rinnovata fiducia, i numeri ci consegnano la dolorosa certezza che questo flusso è in costante aumento negli ultimi dieci anni, che poi sono gli stessi in cui alla guida della Regione c’è Vincenzo De Luca. Soprattutto l’esodo verso altre regioni d’Italia o Paesi stranieri riguarda in particolare i nostri laureati: la percentuale dei “cervelli in fuga” dalla Campania arriva fino al 39%! Un dramma per i nostri territori che inevitabilmente continuano ad impoverirsi non solo sotto il profilo delle energie e delle professionalità necessarie alla crescita economica, ma ancor maggiormente per la riduzione della “qualità” del nostro tessuto culturale e sociale. Un dramma che è destinato a moltiplicare i suoi effetti nel futuro perché all’invecchiamento della popolazione si accompagna inevitabilmente il calo della vitalità che le giovani risorse generano. Ogni tanto ascolto soloni che, dai loro salotti chic, raccontano di una inevitabile voglia di allargare gli orizzonti, di desiderio di conoscere il mondo, di esperienze e opportunità che vanno colte e persino di mondo globalizzato del quale tutti siamo cittadini indipendentemente da dove viviamo. Sarà pure ma, a me, queste eleganti teorie sanno tanto di pancia piena e di strafottenza. Mentre il fatto concreto è che il tasso di occupazione dei giovani in Campania è uno dei più bassi d’Italia: nella fascia di età 15-24, siamo sotto di quasi 8 punti percentuali rispetto alla media nazionale, peraltro non brillante (20,4%). Insomma, un lavoro degno di questo nome e regolare lo ha un giovane su dieci. Mentre, come segnala Svimez, in Campania il tasso di disoccupazione giovanile è tra i più elevati addirittura d’Europa: 40,8%. Prima che qualcuno pensi che è una questione di tempo e che da noi ci si occupa ad un’età più matura perché magari prima ci si fortifica negli studi, dico subito che le cose non migliorano affatto nella fascia 20- 64 anni: Eurostat ha rilevato che il tasso di occupazione nella nostra regione è pari ad appena il 48,4%: meno della metà della popolazione. Un abisso, di cui si percepiscono le dimensioni al confronto con la percentuale europea che, invece, è del 75,3%. Situazione ancora più drammatica per l’occupazione femminile: solo il 31,4% delle donne ha un impiego, un dato inferiore di 22 punti rispetto alla media nazionale. Riusciamo a restare indietro perfino alle più deboli regioni della Grecia, come la Macedonia (52,5%). Un male endemico quello della mancanza di lavoro al Sud, direte voi. Non lo nego, ma c’è un dato di fatto: l’arretramento della Regione Campania (anche) nelle politiche del lavoro. La gestione dell’Amministrazione regionale targata De Luca e Pd, nel corso di un decennio, ha certificato unicamente la mancanza di ogni visione strategica, di una qualsiasi forma di progettualità e di inesistenza di strumenti in tema di lavoro e formazione. Ne è la vergognosa attestazione la sorte di quello che, paradossalmente, resta forse l’unico esempio di collaborazione tra maggioranza e opposizione. La legge di incentivo alla parità retributiva tra i sessi – piaga del lavoro femminile – fu costruita e votata insieme in Consiglio regionale perché avrebbe dovuto rappresentare una forte spinta alla crescita dei livelli di occupazione femminile. Credete che la Regione abbia messo in campo le risorse finanziarie per darle reale attuazione? Quattro spicci e niente più. De Luca è rimasto come al solito impassibile: un autentico campione di incapacità, ipocrisia e cinismo che continua a spacciare come successi veri e propri fallimenti. Uno su tutti? Il “Programma Gol”, simbolo dello spreco delle risorse per la formazione e strumento per alimentare politiche clientelari e affari per il “sistema Salerno”. Duecento milioni di euro stanziati dal Governo per dare opportunità ai campani sono diventati lavoro soltanto per Procure e giornali. La verità è che le politiche del lavoro quest’Amministrazione non soltanto non è capace di crearle, ma non ha neanche la volontà di farlo. Tutto quello che sono stati in grado di esprimere in 10 anni sono i “concorsoni” nella pubblica amministrazione, “ovviamente” banditi sempre poco prima delle elezioni. Insomma, una situazione avvilente che però fa ancora più rabbia perché, mentre qui si annaspa, sul piano nazionale l’occupazione continua a crescere, segnando numeri che mancavano da decenni. A gennaio 2025 i lavoratori sono diventati 24 milioni e 222mila, con un tasso di occupazione al 62,8% che mancava dagli inizi degli anni duemila. Risultati che non sono certo frutto del caso, ma dell’opera di un Esecutivo che agisce in silenzio, con capacità ed efficienza, seguendo un percorso virtuoso e ragionato: dalla formazione (quella vera) alle politiche attive per il lavoro (con strumenti per sostenere l’incrocio tra domanda e offerta), accompagnato sia dalla stabilizzazione delle misure di riduzione del costo del lavoro che dalla premialità per le imprese che effettuano nuove assunzioni. È la stessa strada che percorreremo quando tra pochi mesi saremo alla guida della Campania, dando finalmente vita al Piano regionale per il lavoro e la formazione che, dai banchi dell’opposizione, abbiamo richiesto, instancabilmente ma inutilmente, ai signori della sinistra. È la via giusta per rilanciare il nostro sistema produttivo e creare occupazione vera, stabile e di qualità. Ci sono le condizioni, le energie e le risorse economiche per farlo. Oltre ai fondi nazionali, abbiamo a disposizione quelli della programmazione europea 2021/2027 che ci danno la possibilità di strutturare un intervento organico, coinvolgendo i player, sia pubblici che privati, che agiscono nel settore, a partire dalle componenti sociali e dal sistema delle imprese, fino ad arrivare al mondo della scuola e dell’università. E sappiamo di poter contare pure sulla massima l’attenzione del Governo nazionale per il Mezzogiorno e la Campania. Grazie alla spinta fondamentale del nostro leader Matteo Salvini e del sottosegretario Claudio Durigon, si sta agendo in maniera concreta per la rinascita dei nostri territori. È di questi giorni l’introduzione di un sistema di sgravi contributivi totali per le piccole aziende che assumono over 35 disoccupati, inoccupati o licenziati. Insomma, non siamo di fronte ad una semplice boccata d’ossigeno, ma ad un vero e proprio intervento strutturale per abbattere i costi del lavoro, in aree della Penisola, come la Campania, in cui moltissime aziende non riescono a stare sul mercato, sono impossibilitate a fare nuove assunzioni e, troppo spesso, sono costrette a licenziare, pure perché affossate dai costi insostenibili dovuti a una burocrazia cieca e asfissiante. Se, dopo decenni di immobilismo della sinistra, l’Italia è ripartita pure sul piano del lavoro, ora tocca alla Campania. Il centrodestra ha le capacità, le professionalità, la voglia e la passione per raccogliere e vincere questa sfida fondamentale per ridare speranza e futuro al Nostro Posto, per permettere alle nuove generazioni di vivere qui una esistenza dignitosa, di far crescere i nostri territori, di contribuire a creare benessere. È arrivata l’ora di lasciarci definitivamente alle spalle l’Amministrazione più buia e fallimentare che la nostra storia ricordi. Voltiamo insieme pagina.
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