tariffe su merci Usa per 26 miliardi


Tutto secondo copione. Donald Trump scatena la furia dei dazi e l’Unione europea e il Canada rispondono colpo su colpo. Le prime avvisaglie della guerra commerciale che prende forma all’orizzonte sono arrivate all’alba di ieri, dopo l’entrata in vigore – allo scoccare della mezzanotte americana – dei dazi al 25%, senza eccezioni né esenzioni, sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. Una scelta che «deploriamo profondamente», ha scandito Ursula von der Leyen durante un punto stampa prima di volare in Sudafrica, tappa del tour globale alla forsennata ricerca di partner affidabili. La presidente della Commissione ha spiegato: «Le tariffe sono tasse: penalizzano le imprese e, ancor di più, i consumatori. Perturbano le catene di approvvigionamento, generano incertezze nell’economia e per i posti di lavoro. E i prezzi sono destinati ad aumentare: una prospettiva non auspicabile né per l’Ue né per gli Usa».

La strategia di Bruxelles consiste in due fasi e punta a colpire «in maniera equilibrata» un volume d’affari complessivo fino a 26 miliardi di euro, sullo stesso livello delle misure americane: anzitutto, si tratta di riattivare a stretto giro dazi adottati in reazione alle tariffe del primo mandato di Trump e successivamente congelati nella tregua siglata con Joe Biden. Riprenderanno effetto automaticamente il Primo aprile (non è necessario alcun voto da parte dei governi) e colpiranno merci iconiche made in Usa come il bourbon whiskey, i jeans e le motociclette Harley-Davidson, per un valore complessivo di 4,5 miliardi (nel 2018 questa lista ne valeva 6,3, ma il calo delle esportazioni statunitensi e la riduzione del mercato Ue dopo Brexit hanno ridimensionato il dato).

Nel frattempo, i tecnici della direzione generale Trade della Commissione sono al lavoro sulla fase 2: il 13 aprile scatterà una lenzuolata di altri contro-dazi su una lista di prodotti dal valore di 18 miliardi, che andrà definita nelle prossime settimane in consultazione con i settori industriali coinvolti e con i governi dei 27. Oltre ad acciaio, alluminio e derivati, prodotti in legno, soia, carne di manzo, pollame e frutti di mare.

PRESSIONE

«Proviamo a colpire lì dove può fare più male» agli Usa, «senza danneggiare l’interesse europeo – ha spiegato un funzionario Ue a conoscenza del dossier – Guardiamo in maniera prioritaria all’export degli Stati a maggioranza repubblicana, per mettere pressione politica sui loro senatori».

Come sempre in materia commerciale (che è prerogativa Ue) i Paesi Ue avranno la possibilità di intervenire, ma solo per bocciare la proposta di Bruxelles, a maggioranza qualificata: «Siamo un blocco, ci comportiamo come tale». Rimangono per ora riposte nel cassetto le altre “armi” Ue: la possibilità di colpire i servizi (dove l’Europa registra un deficit commerciale nell’interscambio con gli Usa) e Big Tech, così come quella di attivare per la prima volta lo strumento anti-coercizione, con l’effetto di limitare gli investimenti americani e la possibilità di partecipare alle gare d’appalto in Europa.

Fino a metà aprile, intanto, c’è tempo per negoziare. Ma «hai bisogno di entrambe le mani se vuoi applaudire…», aveva avvertito al mattino il commissario al Commercio Maros Sefcovic, senza farsi illusioni sulla propensione al dialogo della controparte a stelle e strisce (che infatti ha già allo studio nuovi dazi, stavolta sul rame, ha annunciato alla Cnn il segretario al Commercio Larry Lutwick). Nel corso di una recente missione a Washington, Sefcovic aveva insistito sul fatto che Usa e Ue sarebbero semmai sulla stessa barca, alle prese con la sovraccapacità produttiva della siderurgia cinese; il che rende i dazi di Trump «ancora più ingiustificati».

«Non ci faremo più maltrattare sul commercio», è tornato a insistere il presidente-tycoon, ricevendo ieri alla Casa Bianca il premier irlandese Micheál Martinm in vista del Saint Patrick’s Day: gli Stati Uniti replicheranno a Bruxelles e «vinceranno la battaglia».

GHISA E COMPUTER

Come l’Ue, pure il Canada non ha perso tempo a reagire: contro-tariffe da 20,7 miliardi di dollari, in vigore da oggi, su acciaio, alluminio, prodotti in ghisa, computer e attrezzature sportive. Il Messico aspetterà il 2 aprile per decidere le sue mosse. Non ha ritorsioni in cantiere il Giappone, pur deprecando l’assenza di deroghe nell’offensiva trumpiana, né il Brasile, la cui priorità è «negoziare». E predica cautela il Regno Unito, con il premier Keir Starmer «deluso» ma pronto a continuare con l’«approccio pragmatico» per portare a casa un’intesa commerciale con gli Stati Uniti.





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