
La direttrice di marcia è chiara e non è un caso che coincida per tanti aspetti con la tendenza emersa nelle regioni del Mezzogiorno lo scorso anno. L’export italiano punta sui mercati emergenti, soprattutto quelli dei Paesi extra Ue, per raggiungere un obiettivo ambizioso, i 700 miliardi in valore a fine legislatura, cioè nel 2027, circa 80 miliardi in più del 2024. Crescita e scadenza le indica il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, che ha la delega sulla materia, presentando ieri il «Piano d’azione per l’export italiano nei mercati extra-Ue ad alto potenziale», elaborato dalla Farnesina in collaborazione con Ice, Cdp, Sace e Simest che sostengono le imprese all’estero e promuovono gli investimenti del “Sistema Italia”.
La minaccia dei dazi Usa spinge verso «economie caratterizzate da alti tassi di crescita e un forte potenziale di sviluppo per le nostre esportazioni», spiega il Piano. Ma questo non vuol dire che l’attenzione per gli scambi commerciali con gli Stati Uniti (che restano il nostro secondo partner e il primo extra Ue) sia destinata a ridimensionarsi. Tutt’altro. Proprio Tajani lo ha ribadito a più riprese in questi giorni e in particolare nella telefonata al Segretario di Stato americano Rubio, confermando i rapporti e l’amicizia tra i due Paesi. E ieri lo sottolinea ulteriormente: «È importante preservare la presenza delle nostre imprese nel mercato Usa perché se uscissero i costi di rientro sarebbero molto alti. Inoltre, il rafforzamento della nostra presenza imprenditoriale potrebbe mitigare la portata dei dazi americani nei confronti del nostro export. Assieme ai partner europei, occorre reagire in stretto raccordo con la Commissione europea, in maniera proporzionale cioè, utilizzando gli strumenti a disposizione dell’UE e cogliendo ogni occasione per affrontare questi temi attraverso il dialogo e il confronto costruttivo. Possiamo cogliere possibili spazi aperti dall’andamento del dollaro e dall’aumento cautelativo delle scorte di beni italiani da parte delle imprese americane. Inoltre, dazi americani elevati verso altre aree del mondo potrebbero aprire spazi competitivi per il Made in Italy».
LE ECCELLENZE
Insomma, il Governo vuole sfruttare fino in fondo le nostre eccellenze assecondando le specificità dei mercati di approdo. Di qui l’interesse per i Paesi dell’Africa, che hanno totalizzato oltre 20 miliardi di export nel 2024 (in particolare Sudafrica e Algeria), per l’area dei Balcani occidentali (+13,4%) con la Serbia in pole position, e il Sud Est asiatico le cui esportazioni sono aumentate del 10,3% rispetto al 2023 (e qui l’elenco si infittisce, dalla Thailandia al Vietnam, dall’Indonesia alle Filippine. Si tratta, in sostanza, di creare nuove opportunità in Paesi, soprattutto le nuove economie emergenti, dove già nel 2024 il nostro export ha dimostrato di potersi fare spazio. Lo dicono i numeri: le vendite in Turchia sono cresciute del 23,9% toccando quota 17,6 miliardi, e in Arabia Saudita del 27,9% arrivando a 6,2 miliardi. In crescita anche l’export verso gli Emirati Arabi Uniti con 7,9 miliardi (+19,4%), e il Messico con 6,6 miliardi di valore, pari a +7,4%).
IL BRASILE
Il ministero individua altresì importanti potenzialità in Brasile (5,8 miliardi, +8,18% sul 2023) e in India (5,2 miliardi, +1%) dove peraltro sono in corso negoziati per la revisione dell’accordo Ue-Mercosur e per un accordo di libero scambio Ue-India. Non è la stessa direzione dell’export verso la Cina, che continua a valere molto (15,3 miliardi, pari al 2,5% del totale) ma che rispetto al 2023 ha fatto registrare una brusca frenata (-20%). «In molti di questi Paesi sono in corso – o sono stati finalizzati a livello tecnico – negoziati per la conclusione o l’ammodernamento di accordi di libero scambio di ampia portata con l’Ue», spiega il Piano. Per non parlare degli accordi che il Governo ha sottoscritto in questi mesi con Arabia, Emirati Arabi, Albania e Bahrein, nell’ambito di apposite missioni istituzionali e commerciali.
Ma che c’entra il Sud? C’entra perché, come evidenziato solo pochi mesi fa dall’ultimo Monitor dei distretti curato dal Gruppo Intesa San Paolo, in quest’area del Paese si sta già guardando alle nuove possibili aree di espansione dell’export in chiave extra Ue. «Sta cambiando qualcosa, e in modo non proprio ordinario, rispetto ai mercati di destinazione dei prodotti del Sud – spiega molto dettagliatamente il Rapporto -. Dall’analisi dei flussi per tipologia di mercato di sbocco emergono infatti da un lato difficoltà nei principali mercati maturi, dall’altro segnali incoraggianti in alcuni mercati emergenti». Anche in questo caso non sono in discussione il peso e l’importanza degli scambi con gli Stati Uniti, che anche per le aziende meridionali rimangono il primo mercato dopo quello europeo, peraltro assai penalizzato dalla frenata tedesca nell’automotive. È che a reclamare spazio e rilevanza sono i dati 2024 delle esportazioni nella Repubblica di Corea (+10,8%) e, soprattutto, in Libia (+23,8%), effetto evidentemente quest’ultimo delle mutate relazioni anche commerciali con il nostro Paese. Ma all’elenco dei mercati che hanno visto crescere in questi mesi le esportazioni dei prodotti del Sud vanno aggiunti anche la Cina (+10,8%) e l’Arabia Saudita (+30%), un segnale tutt’altro che trascurabile specie se rapportato alla delicata situazione geopolitica internazionale. Né si può dimenticare che soprattutto nel 2023, ma anche per buona parte dell’anno scorso, l’export meridionale si è mantenuto su livelli in media superiori ai dati nazionali, con punte significative per il farmaceutico e l’agroalimentare che, non a caso, risultano trainanti anche negli ultimi aggiornamenti dell’Istat. Insomma, il Mezzogiorno diventato sempre più centrale per l’economia del Paese è in perfetto allineamento con l’obiettivo indicato dal Piano Tajani, pur esprimendo valori assoluti più bassi di altre aree. Se insomma l’Italia raggiungerà i 700 miliardi entro il 2027 lo dovrà anche alla crescita del Sud, già determinante per permettere al Paese di insediarsi al quarto posto nella classifica dell’export mondiale.
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