
La riduzione degli scambi tra Italia e Russia durante la guerra è costata 7,8 miliardi di euro, con un calo del 65% del’export rispetto al 2019.
Oggi crescono le aspettative per la ripresa delle esportazioni verso la Russia: un’impresa su tre, il 31%, si aspetta in tempi brevi vantaggi dagli scambi con la Russia con un impatto positivo sui ricavi in caso di stabilizzazione dell’area, sei imprese su dieci, il 58%, più prudentemente, scommettono su un ritorno graduale secondo l’indagine di Promos Italia, l’Agenzia nazionale delle camere di commercio per l’internazionalizzazione delle imprese, condotta su circa cinquanta imprese italiane che operano sul mercato russo.
Il 70% delle imprese hanno registrato un impatto negativo dato dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, per la parte di fatturato legato alla Russia, oltre il 20% delle imprese ha avuto un calo di fatturato del 50%. Ora una rappacificazione favorirebbe le costruzioni, l’agroalimentare e poi meccanica e moda design.
Frenano ancora la ripresa le sanzioni internazionali e l’instabilità politica oltre a un lieve calo nella domanda russa di prodotti italiani.
Investimenti
Per favorire una eventuale ripresa degli scambi servirebbero programmi di matchmaking per il 32% delle imprese, agevolazioni finanziarie e assicurative per il 30%, la partecipazione alle fiere di settore per il 24% e maggiori analisi di mercato per il 14%.
Intanto c’è chi non ha atteso, già in febbraio la Mascheroni di Cabiate ha inaugurato il nuovo showroom a Mosca, realizzato in collaborazione con ItalMond. Situato sulla Smolenskaya, nel cuore della zona del design della capitale, il nuovo spazio rappresenta un passo significativo nella strategia distributiva del brand in Russia dove propone arredi realizzati, in genere, su misura per la clientela internazionale. Con questa apertura, Mascheroni consolida la sua presenza sul mercato russo che, pur registrando un calo in linea con le altre aziende italiane, non si è mai del tutto interrotto. «Alcuni dei nostri clienti russi, durante la guerra, si sono trasferiti a Dubai, da dove hanno continuato a operare e ad acquistare – commenta Silvio Mascheroni, titolare dell’azienda – ma certamente la guerra ha penalizzato molto imprese che da anni avevano nella Russia il loro mercato principale e in parte anche la nostra. Nel tempo siamo riusciti anche a diversificare in modo da non essere dipendenti solo da un’area, quindi ci siamo anche rivolti a India e Medio Oriente»
Negli ultimi tre anni sono infatti cresciuti mercati alternativi alla Russia. Le imprese si sono certamente rivolte verso l’Unione europea e il mercato interno è cresciuto del 63%, ma sono aumentati anche Medio Oriente per il 32%, Stati Uniti per il 23%, sud est asiatico per il 16%, Africa per l’11% e Cina per il 5%.
Nuova fase
«La guerra tra Russia e Ucraina ha imposto alle imprese italiane, soprattutto a quelle che operavano in quell’area, di ripensare le proprie strategie di export, accelerando un processo di diversificazione dei mercati che oggi si dimostra essenziale per la crescita e la competitività – ha spiegato Giovanni Rossi, direttore di Promos Italia – molte imprese hanno reagito rapidamente, spostando il proprio focus su altre aree geografiche: il 63% ha puntato sull’Unione europea, il 32% sul Medio Oriente, il 23% sugli Stati Uniti e il 16% sul Sud-Est Asiatico. Il nostro obiettivo è accompagnare le aziende in questo percorso di adattamento, fornendo strumenti concreti per identificare nuove opportunità commerciali e ridurre la dipendenza da singoli mercati, in particolare in questa fase storica assai incerta a livello geo-politico».
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