
“Queste sono meglio di quelle di prima”, ci dice Olena, indicando una fila di villette a schiera dal tetto spiovente, ricostruite dopo i devastanti danni causati dall’occupazione russa. Nei primi giorni di marzo 2022, Vokzalna, la strada principale di Bucha, era un cumulo di macerie e detriti, segno della distruzione lasciata dalle truppe di Vladimir Putin nel loro tentativo di avanzare verso Kiev. “Non si tratta di cancellare la memoria, ma di andare avanti senza dover essere necessariamente circondati dalle rovine”, spiega Olena, che prima della guerra aveva una società di social media management. “È lo stile ucraino: non dimentichiamo quanto accaduto, ma vogliamo andare avanti”, precisa mentre guida la sua auto nella strada che è stata il teatro di crimini di guerra commessi dai russi. Una delle tante che percorre proponendo i “tour della memoria”: tra Bucha e Irpin, un’attività che lei stessa ha inventato dopo essere rimasta senza lavoro.
524 miliardi di dollari per ricostruire l’Ucraina
Mentre Bucha, simbolo della resistenza ucraina, rinasce dalle macerie, gran parte del Paese è ancora sotto il fuoco russo, con attacchi quotidiani a infrastrutture strategiche e civili. Secondo un rapporto congiunto di Banca mondiale, Nazioni Unite, Commissione europea e governo ucraino, la ricostruzione del paese richiederà 524 miliardi di dollari, il 7 per cento in più rispetto alla stima di un anno fa. I danni accumulati in tre anni di guerra ammontano a 176 miliardi di dollari, con settori come edilizia, trasporti, energia e istruzione tra i più colpiti. Il 13 per cento del patrimonio immobiliare è stato danneggiato o distrutto, lasciando 2,5 milioni di famiglie senza casa. Le infrastrutture energetiche, in particolare, hanno subito un aumento del 70 per cento dei danni nell’ultimo anno.
Per il 2025, il governo ucraino ha stanziato 7,37 miliardi di dollari, sostenuto da donatori internazionali, per interventi in settori chiave come abitazioni, sanità ed energia. Tuttavia, rimane un divario finanziario di 9,96 miliardi di dollari, rendendo cruciale il coinvolgimento del settore privato. “La ricostruzione dell’Ucraina non è solo una sfida imponente, ma anche un’opportunità senza precedenti per le imprese europee, che possono collaborare con aziende locali e investire in settori ad alto potenziale”, dice a Today.it Olga Slyvynska, direttrice del dipartimento di Affari internazionali della Kyiv School of Economics, che sottolinea come “l’Italia, grazie alla sua solida esperienza nell’industria, nella manifattura e nelle infrastrutture, può assumere un ruolo di primo piano in questo processo” di ricostruzione del Paese. Come, del resto, già accade. Le aziende italiane, ci spiega la docente dell’università di Kiev, stanno già contribuendo alla ripresa dell’Ucraina attraverso progetti infrastrutturali, collaborazioni industriali e l’integrazione delle catene di approvvigionamento, in settori chiave come edilizia, energia, logistica e manifattura.
Così i colossi italiani vogliono collegarsi a Kiev
L’impegno italiano è prima di tutto politico. A Roma, il 10 e 11 luglio 2025 si terrà la “Ukraine Recovery Conference”, seguendo l’esempio delle precedenti edizioni di Lugano (2022), Londra (2023) e Berlino (2024). La conferenza si concentrerà su tre pilastri: la dimensione imprenditoriale, quella umana e il contesto ucraino ed europeo. Il governo italiano e quello ucraino hanno firmato una serie di memorandum di intesa che spaziano dalle materie prime essenziali al ripristino energetico, dalla salvaguardia culturale alla rivitalizzazione industriale e ferroviaria.
Ma andiamo con ordine. Tra gli accordi già siglati, spiccano quelli tra MerMec S.p.A. e JSC Ukrainian Railways per lo sviluppo di tecnologie ferroviarie avanzate, e tra WeBuild e Ukrhydroenergo per la costruzione di centrali idroelettriche, fondamentali per ripristinare il settore energetico devastato dalla guerra. Il vicecapo della Banca nazionale ucraina (NBU), Kateryna Rozhkova, ha stimato in miliardi di dollari il costo per ripristinare il 20 percento del fabbisogno energetico attraverso la generazione distribuita.
L’Italia ha già dimostrato il suo impegno: a novembre, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato un investimento di 200 milioni di euro per l’infrastruttura energetica ucraina, sottolineando che “l’Ucraina è candidata all’adesione all’Ue e farà parte di un mercato comune europeo”. Lo scorso febbraio, Roma ha inoltre stanziato 13 milioni di euro per il fondo di sostegno energetico ucraino e 2 milioni di euro per progetti di sostenibilità energetica in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP).
L’impegno italiano non si ferma all’energia. Ferrovie dello Stato guida un consorzio di 15 imprese, tra cui il Gruppo Cosulich e l’operatore tedesco HHLA, per realizzare un porto secco a Horonda, nell’Ucraina occidentale, e creare un corridoio intermodale che colleghi il paese ai porti di Trieste e Venezia. Un passaggio cruciale sarà l’ammodernamento della rete ferroviaria ucraina, che utilizza ancora il vecchio scartamento sovietico di 1520 mm, incompatibile con lo standard europeo di 1435 mm.
Il piano per rilanciare Piombino: 1500 posti di lavoro dal 2027
Inoltre, secondo indiscrezioni riportate da Capitol Intelligence Group, Fincantieri starebbe valutando l’acquisizione di cantieri navali statali ucraini nella regione di Odessa, per trasformarli in un hub produttivo per navi commerciali. La strategia rientra in un modello già sperimentato con successo da Fincantieri nel cantiere di Tulcea, in Romania, dove impiega circa 4.500 lavoratori. Se le indiscrezioni verranno confermate, l’annuncio ufficiale potrebbe arrivare durante la conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina, organizzata dai governi italiano e ucraino il prossimo luglio a Roma.
La partnership tra Roma e Kiev, però, non è unilaterale. Un esempio emblematico è il progetto della nuova acciaieria Metinvest-Danieli a Piombino, in Toscana. L’italiana Danieli e il gruppo ucraino Metinvest, che controllava l’impianto di Azovstal a Mariupol (distrutto dai russi), costruiranno un forno elettrico a ciclo unico con una capacità di 2,7 milioni di tonnellate all’anno. L’acciaio prodotto, derivato da materiali ferrosi come rottami e ghisa provenienti dall’Ucraina, dimezzerà la dipendenza italiana dalle importazioni. L’investimento, superiore a 2 miliardi di euro, creerà 1.500 posti di lavoro, con l’avvio della produzione previsto per la fine del 2027.
La corsa alle terre rare per arrivare prima di Donald Trump
Ma non è tutto. L’Ucraina, con le sue significative riserve di materie prime critiche e terre rare, è al centro della strategia italiana per la transizione green. Roma ha promosso una dichiarazione congiunta con Kiev per rafforzare la collaborazione in quattro ambiti: potenziamento delle materie prime critiche, cooperazione internazionale, sviluppo di ricerca e innovazione, e attività di mappatura ed esplorazione delle risorse. Un passo cruciale per garantire all’Italia un ruolo di primo piano nel settore delle tecnologie verdi, prima che altri attori, come gli Stati Uniti di Donald Trump, possano avanzare pretese sulle risorse ucraine.
Tutti questi investimenti avvengono ancora a guerra in corso, alimentando le preoccupazioni dei lavoratori italiani impegnati in Ucraina. Come spiega a Today.it la docente Slyvynska, Kiev sta introducendo incentivi agli investimenti, agevolazioni fiscali e meccanismi assicurativi, inclusa una copertura contro il rischio di guerra, per attrarre capitali esteri. Tra le iniziative chiave c’è l’Ukraine Investment Framework (UIF), un programma da 9,3 miliardi di euro sostenuto da Bruxelles, che offre garanzie alle aziende europee. A questo si affianca Sace, l’Agenzia italiana per il credito all’esportazione, che mette a disposizione un massimale di 1,5 miliardi di euro per garantire le forniture di attrezzature italiane alle imprese ucraine.
Perché l’Italia dovrebbe investire in Ucraina nonostante la guerra?
Ci sono anche altri meccanismi di supporto. La Kyiv School of Economics, in collaborazione con il ministero dell’Economia ucraino, ha lanciato l’Invest Portal: si tratta, spiega Slyvynska, di una piattaforma digitale che raccoglie 126 progetti di investimento per un valore complessivo di circa 29 miliardi di dollari. Il portale offre una mappa aggiornata delle opportunità nei principali settori industriali, aiutando gli investitori italiani a orientarsi nel contesto ucraino.
C’è da chiedersi, perché investire in un paese ancora in conflitto? L’Ucraina è un ponte verso un mercato di 2 miliardi di consumatori, tra Europa, Medio Oriente e Africa. La sua posizione geografica e la possibile integrazione con l’Unione Europea, grazie a riforme progressive e all’allineamento normativo, la rendono un partner privilegiato per gli investitori. Con risorse energetiche, agricole e minerarie ancora in gran parte da sfruttare, l’Ucraina ambisce a diventare un attore chiave nelle catene di approvvigionamento globali. A ciò si aggiunge una forza lavoro altamente qualificata: il 70 per cento degli ucraini ha un’istruzione superiore, con una forte presenza di talenti nelle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, e il costo del lavoro è tra i più competitivi d’Europa. Nonostante la guerra, l’Ucraina rappresenta un’opportunità unica per le aziende italiane: un mercato in crescita, risorse strategiche e una forza lavoro qualificata.
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