
Chi – entro il 30 giugno – verserà l’acconto Irpef, non dovrà più calcolarlo sulle vecchie quattro aliquote dell’imposta sui redditi, ma sulle tre introdotte con la Finanziaria del 2023. L’ha annunciato ieri il ministero dell’Economia, dopo che il Caf della Cgil aveva denunciato questo «disallineamento» tra vecchia e nuova normativa, che avrebbe colpito una parte di lavoratori e pensionati. I quali, anche quest’anno – la stessa situazione si è verificata nel 2024 – sarebbero stati costretti a pagare cifre più alte (fino a 260euro), che l’Erario avrebbe restituito loro soltanto nel 2026.
Il Mef, quindi, si appresta a introdurre un correttivo con il prossimo decreto legislativo per la delega fiscale, che dovrebbe comportare un intervento di cassa intorno ai 250 milioni. In una nota via XX Settembre però ha voluto chiarire che «l’incongruenza evidenziata dai Caf deriva dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati in una prima fase modificati in via temporanea, per un solo periodo d’imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025».
Il ministero ha provato anche a ridimensionare la platea degli interessati: «Si intendeva sterilizzare gli effetti delle modifiche alla disciplina Irpef soltanto in relazione agli acconti dovuti dai soggetti la cui dichiarazione dei redditi evidenziava una differenza a debito di Irpef, in quanto percettori di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto».
Detto questo, il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti, ha specificato che «in considerazione dei dubbi interpretativi posti, e al fine di salvaguardare tutti i contribuenti interessati», il governo si appresta a riallineare le aliquote anche per il versamento dell’anticipo. L’intervento sarà «realizzato in tempo utile per evitare ai contribuenti aggravi in termini di dichiarazione e di versamento».
Intanto è corsa contro il tempo tra governo e Parlamento per prorogare l’obbligo per le aziende di sottoscrivere una polizza anticastrofale, che scade il 31 marzo. Una decisione in questa direzione potrebbe essere annunciata nella stessa giornata, quando il ministero delle Imprese ha convocato Ania, Confindustria, Confesercenti, Confartigianato, Confcommercio e Casartigiani per discutere del dossier. Ma ci sono spinte per introdurre un emendamento per rinviare il termine nel decreto Bollette, in discussione alla Camera.
L’EMENDAMENTO
Nello stesso provvedimento dovrebbe entrare anche una norma – voluta da Fratelli d’Italia – per facilitare l’accesso al bonus elettrodomestici, introdotto con l’ultima Finanziaria e il cui valore oscilla tra i 100 e i 200 euro. Per evitare l’assalto alla diligenza con il click day, gli utenti potranno attivarlo con il meccanismo dello sconto in fattura, lo stesso del Superbonus. Sempre l’emendamento dovrebbe eliminare anche il riferimento alla nuova classe energetica B «come soglia minima di efficienza per l’acquisto» e imporre che l’incentivo si possa ottenere soltanto con «il corrispondente smaltimento dell’elettrodomestico sostituito». Il quale dovrà essere «di classe energetica inferiore a quella di nuovo acquisto». In Parlamento si proverà anche a reintrodurre lo sgravio sull’acquisto di caldaie.
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