
Il credito d’imposta, istituito dalla Legge n. 205 del 2017 e rinnovato fino al 31 dicembre 2022, richiedeva originariamente l’acquisizione di una certificazione contabile e amministrativa da parte di un revisore legale dei conti, soprattutto per chi non era obbligato alla revisione legale. La normativa chiedeva inoltre il rispetto dei principi di indipendenza e etica professionale stabiliti dal Decreto Legislativo n. 39 del 2010 e dal codice etico dell’IFAC.
Per dimostrare l’effettiva esecuzione delle attività formative, l’articolo 6 del decreto attuativo richiede di conservare una relazione illustrativa, registri nominativi delle attività svolte e ulteriore documentazione contabile e amministrativa idonea.
Tuttavia, le attuali richieste dell’Amministrazione finanziaria eccedono queste indicazioni, imponendo ai contribuenti di fornire un’ampia gamma di documenti aggiuntivi. Questo include schede corsi, relazioni dei tutor, slide dei corsi, credenziali di accesso alle aule virtuali e persino la corrispondenza elettronica tra docenti, discenti e l’impresa.
Tale approccio viene giustificato dal principio, già sostenuto dalla Cassazione (Cass. N. 6947 del 2014), secondo cui è onere del contribuente fornire la prova dei presupposti per il credito d’imposta. L’Amministrazione finanziaria tuttavia trascura due aspetti cruciali:
I controlli dell’Agenzia delle entrate dovrebbero rimanere limitati alla documentazione espressamente prevista dall’articolo 6 del decreto ministeriale, salvo casi di contestazione dell’effettività delle spese sostenute.
In base alla riforma dei principi di ripartizione dell’onere della prova, l’Amministrazione finanziaria dovrebbe prima dimostrare in giudizio le violazioni contestate. Una volta acquisiti i documenti la cui conservazione è chiaramente prevista, l’Agenzia delle entrate non dovrebbe contestare la conformità delle attività formative basandosi su elementi ulteriori rispetto a quelli indicati nel decreto ministeriale.
L’onere di provare la spettanza del credito d’imposta viene così illegittimamente spostato sul contribuente, che potrebbe non essere in grado di soddisfare tutte le richieste documentali attuali a causa della mancata produzione o conservazione della documentazione richiesta.
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