1 Aprile 2025
salve le straniere made in Usa. La risposta dell’Ue


Dal 2 aprile le automobili prodotte fuori dagli Stati Uniti saranno gravate da una tariffa del 25%. La decisione, proclamata dallo Studio Ovale, segna l’ennesimo colpo di martello sul tavolo delle relazioni commerciali internazionali. Trump ha ribattezzato la data come il giorno della “liberazione dell’America”, ma più che una festa, si profila come l’inizio di una lunga serie di battaglie doganali. L’ex presidente, tornato in carica, ha deciso di includere nell’elenco dei colpiti anche quindici nazioni ree, a suo dire, di aver approfittato degli Stati Uniti.

Durante la dichiarazione ufficiale, ha specificato che i dazi colpiranno ogni auto costruita al di fuori degli Stati Uniti, ma non verranno applicati alle vetture straniere prodotte all’interno del territorio americano. Stellantis ad esempio, che grazie agli impianti produttivi già attivi negli Stati Uniti potrà evitare di finire nel mirino della nuova stangata tariffaria. Non pago, Trump ha aperto il fronte anche su altri settori, annunciando finiranno presto sotto la morsa dei dazi pure legname e farmaci. Sul primo è già in corso un’indagine, sul secondo è questione di tempo.

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Le tariffe si sommeranno a quelle già in vigore. A beneficiarne, almeno nelle intenzioni del presidente, dovrebbe essere l’erario statunitense, che secondo le sue stime potrebbe incassare tra i 600 miliardi e un trilione di dollari in un biennio. Tutto questo mentre il Congresso taglia la spesa pubblica e il dipartimento della Sanità cancella con un colpo di penna oltre 12 miliardi di dollari in fondi destinati agli Stati.

Crollo in borsa dopo l’annuncio delle tariffe sulle auto

I mercati, solitamente allergici all’imprevedibilità, hanno reagito come prevedibile: in picchiata. Wall Street ha perso quota prima ancora dell’annuncio formale e il rosso si è esteso come un virus. General Motors e Stellantis hanno lasciato sul pavimento tra il 2% e il 3%. Il Nasdaq ha chiuso con un meno 2%, Tesla ha perso l’1,28%, Nvidia addirittura oltre il 5%.

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In un ecosistema industriale in cui quasi il 60% dei componenti arriva dall’estero, l’idea di una chiusura selettiva delle frontiere suona come un cortocircuito produttivo. Cox Automotive ha stimato rincari a catena: +3.000 dollari per i modelli fabbricati in patria, fino a +6.000 per quelli provenienti da Canada o Messico.

Unione Europea contro i nuovi dazi americani

Bruxelles non ha perso tempo e ha fatto sapere di essere “profondamente rammaricata”. Ursula von der Leyen ha rispolverato il vocabolario della diplomazia muscolare: “Le tariffe sono tasse: dannose per le aziende, peggiori per i consumatori”. Ha poi ricordato quanto le filiere produttive siano intrecciate tra le due sponde dell’Atlantico, e quanto l’industria automobilistica europea non sia un semplice settore, ma una colonna portante di innovazione e occupazione qualificata. L’Europa continuerà a lavorare a una soluzione negoziale, ma intanto tiene le mani sul volante.

Secondo il commissario Maros Sefcovic, se gli Stati Uniti davvero estenderanno la misura a tutti i prodotti europei, l’effetto sul blocco sarà pesante. Le tariffe previste si aggirerebbero intorno al 20% e, come confermato dalla Commissione, colpirebbero l’intero perimetro dei 27 Stati membri.

L’Ue ha già predisposto contromisure: 26 miliardi di euro in tariffe da attivare dal 12 aprile. Alcune misure sono state rinviate per evitare una rappresaglia ancora più feroce. Il vino è il primo a pagare pegno: la sola minaccia di un dazio al 200% ha paralizzato l’export italiano, con bottiglie ferme nei porti e ristoratori alla finestra.

In questo clima di ritorsioni incrociate, la premier italiana Giorgia Meloni ha provato a rassicurare il comparto: “L’agroalimentare si tutela dai dazi con la diplomazia”.

Canada e Messico nel mirino della guerra commerciale

Canada e Messico, pur coperti da un trattato di libero scambio, non sono stati risparmiati. I dazi colpiranno chiunque costruisca fuori dagli Stati Uniti. A oggi non è ancora chiaro se l’imposta interesserà anche le componenti. Ma la Casa Bianca punta a fare cassa per finanziare le riduzioni fiscali promesse, mentre si disegna una nuova geografia delle catene del valore.

Ottawa è insorta. Il premier Mark Carney ha definito la mossa “un attacco diretto”. Trump ha risposto nel suo stile, sostenendo che si tratta solo di proteggere la manifattura americana.

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