31 Marzo 2025
due anni per cambiare il volto del Paese


Sarebbero 19 le misure del Pnrr che potrebbero essere destinate ad altre coperture di finanziamento, segnatamente il Fondo sviluppo e coesione, perché in forte ritardo rispetto alle scadenze del Piano, ovvero il 30 giugno 2026 per la chiusura dei cantieri e il 31 dicembre dello stesso anno per la rendicontazione della spesa sostenuta. Il numero è ufficioso anche se proverrebbe dalla Ragioneria generale dello Stato ed è dunque azzardato addentrarsi tra i possibili investimenti a rischio o presunto tale. La Corte dei Conti, come riferito ieri, ha spiegato che a fine 2024, la missione più in difficoltà è la numero 5, dedicata a Inclusione e coesione, con 2,68 miliardi spesi su 16,9 (15,9%), ma sarebbero indietro anche la Salute (2,8 miliardi su 15,6, il 18%) e l’Istruzione (31,8%).

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Starebbero meglio le missioni Infrastrutture, Digitalizzazione e transizione ecologica, approdate intorno al 40-50%. Ci sarà allora bisogno di una proroga di almeno un anno del Pnrr che secondo indiscrezioni, il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti potrebbe proporre ai partner europei in occasione della prossima riunione dell’Ecofin l’11 e 12 aprile? La domanda, che agita la politica e alza il livello dello scontro tra opposizioni e Governo, ha finora ricevuto una risposta coerente dall’Ue: niente slittamento dei tempi, linea peraltro condivisa dallo stesso ministro Foti preoccupato del ricasco negativo di una decisione del genere (sulla quale peraltro dovrebbero essere d’accordo tutti i 27 membri dell’Ue e in tempi molto rapidi).

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Il dialogo

Di qui la disponibilità del Governo a nuovi incontri con gli enti attuatori (ministeri, imprese, Regioni, Comuni e Province) per affrontare le criticità che sono emerse, e nello stesso tempo anche l’accelerazione del confronto con la Commissione europea per trovare possibili soluzioni, atteso peraltro che l’Italia non è il solo Paese ad avere simili problemi anche se è quello che ha ricevuto più risorse, soprattutto prestiti). Spunta, ad esempio, l’ipotesi di una rimodulazione finanziaria che prevederebbe da parte Ue i pagamenti in funzione di quanto effettivamente è stato speso. Ma si parla anche di una sorta di “transizione post Pnrr”, una sorta di prosecuzione post 2026 del Piano limitata ad alcuni ambiti operativi, dall’acqua alle ferrovie, dalla casa all’ambiente. Di sicuro il dialogo tra Governo e Commissione è stato finora molto proficuo, con l’Italia prima per le rate erogate finora da Bruxelles (6 su 10, pari al 63% dell’importo complessivo), a riprova dell’affidabilità del Paese nel rispetto delle scadenze e dei target concordati, senza dimenticare che in ogni rata sono previste riforme, non solo finanziamenti di opere e progetti.

Foti ha ribadito che «verranno salvaguardate tutte le risorse richieste per la crescita economica e sociale dell’Italia» senza escludere qualche «aggiustamento» al Pnrr attuale. Di qui le continue verifiche organizzate con i ministeri e gli altri enti attuatori per ogni singola missione. Salute e Inclusione, non a caso, i primi due tavoli. Per il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), che ha per oggetto la riqualificazione delle politiche attive del lavoro (5,45 miliardi di dotazione), gli 1,87 milioni di beneficiari sfiorano il 62,4% del target, mentre i percorsi formativi sono al 48,8% e sette Regioni non hanno raggiunto gli obiettivi. Anche nei Pinqua, i Piani per la qualità dell’abitare che valgono 2,8 miliardi, si starebbe valutando la possibilità di escludere alcuni progetti che non riuscirebbero a raggiungere l’obiettivo.

E lo stesso accadrebbe per il completamento del piano di sviluppo delle colonnine di ricarica elettrica per le auto alla luce anche delle incognite sul futuro della transizione green nel settore. Sul tappeto ci sarebbero anche difficoltà per una parte del progetto della linea ad Alta Capacità-Velocità ferroviaria Napoli-Bari il cui parziale completamento è previsto per il 2026, con l’entrata in esercizio del nuovo collegamento sia pure con tempi ancora superior a quelli previsti a cantiere definitivamente concluso. Di sicuro a complicare le cose c’è anche il ritardo con il quale la piattaforma ReGis aggiorna i pagamenti effettuati: i soggetti attuatori pubblici e privati che hanno sostenuto la spesa devono attendere a lungo per vedersela rimborsata. Il che, ovviamente, influisce e non poco sul monitoraggio della spesa effettiva certificata: il Governo, non a caso, ripete da tempo che è molto superiore a quella comunicata.





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