1 Aprile 2025
Giorgia Meloni mette le accise sullo stipendio: 650€ direttamente da pagare | “Vi rompete la schiena ma vi leviamo tutto lo stesso”


Il Governo fa dietrofront e rimette le accise sugli stipendi: si prevedono alti tassi di disoccupazione e stipendi tassati.

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In un periodo in cui il lavoro sembra finalmente tornare al centro del dibattito, tra promesse, annunci e misure che dovrebbero aiutare soprattutto i più giovani, ci si ritrova ancora una volta a fare i conti con qualcosa che non torna.

Le aziende continuano a fare fatica, i contratti a tempo indeterminato restano merce rara e chi cerca un’occupazione stabile finisce spesso per accontentarsi del meno peggio. Intanto, si susseguono provvedimenti, decreti e agevolazioni che promettono di cambiare tutto, ma che, troppo spesso, si dissolvono nel nulla.

Le parole sono sempre tante, ma i fatti sembrano raccontare un’altra storia. E proprio quando si pensava che qualcosa si stesse muovendo nella direzione giusta, arriva una notizia che spiazza e lascia spazio a più di una domanda.

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Un dietrofront da 650€

In Italia il tasso di occupazione è tecnicamente in crescita, ma non basta. La stabilità resta un miraggio, i contratti sono spesso precari, e gli stipendi – specie per i più giovani – non garantiscono né indipendenza né prospettive.

La disoccupazione giovanile, poi, è una ferita aperta, con numeri che restano alti e storie che si somigliano tutte: curricula mandati a vuoto, tirocini non retribuiti, lavori part-time spacciati per occasioni d’oro. E mentre da un lato si cerca di rilanciare l’occupazione con agevolazioni e sgravi, dall’altro arriva la frenata. O peggio: lo stop.

Il Governo fa dietro front: addio ai 650€ di decontribuzione – circuitolavoro.it

Il Bonus che doveva cambiare le regole

Tra le misure più attese c’era proprio il Bonus Assunzioni under 35. Una decontribuzione totale pensata per dare una spinta alle aziende che scelgono di offrire un contratto stabile a giovani mai assunti a tempo indeterminato. Sulla carta, un incentivo concreto: 500€ al mese di sgravio per ogni nuovo assunto, che salivano a 650€ nelle regioni del Sud. Il tutto per un periodo massimo di 24 mesi.

Non si trattava di una semplice proposta: era già nero su bianco nel Decreto Coesione. L’obiettivo era quello di rendere meno oneroso assumere, creare occupazione stabile, ridurre il precariato cronico che da anni frena il mercato del lavoro italiano. E per evitare abusi, il Governo aveva anche stabilito una serie di condizioni precise, ossia niente licenziamenti nei sei mesi precedenti, obbligo di mantenere il posto per almeno sei mesi, rispetto delle regole contrattuali. Poi però, qualcosa è cambiato. E non in meglio.

Quel bonus, che per molte imprese rappresentava un’ancora di salvezza, è scomparso. Prima cancellato in silenzio dai canali ufficiali, poi riapparso con una dicitura che lascia poco spazio all’interpretazione: ‘non approvato’. Un passo indietro che ha spiazzato tutti, perché nel frattempo molti datori di lavoro avevano già fatto i loro conti, inserendo quello sgravio nelle proprie strategie aziendali. Alcuni avevano persino avviato colloqui e selezioni in vista delle nuove assunzioni.

Il problema, però, è tutto nei tempi: l’Unione Europea ha autorizzato l’agevolazione solo a partire dal 31 gennaio 2025. Il Governo italiano, invece, l’aveva prevista da settembre 2024. Un buco normativo che ha lasciato fuori mesi di assunzioni, contratti e promesse. E ora a pagarne le conseguenze, come sempre, sono i lavoratori.



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