1 Aprile 2025
Polizze catastrofali: le imprese italiane già gravate da 21 miliardi di imposte ambientali. La doppia tassazione penalizza il settore privato




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A partire dal prossimo anno tutte le imprese private italiane saranno obbligate a stipulare una polizza catastrofale. Sebbene il governo abbia recentemente introdotto una misura correttiva, la notizia ha suscitato preoccupazioni in merito ai costi aggiuntivi che le aziende dovranno sostenere. Già gravate da un onere fiscale significativo, le imprese si troveranno ora a pagare due volte la protezione ambientale: una attraverso le imposte versate allo Stato e agli enti locali, l’altra attraverso la sottoscrizione di una polizza assicurativa con le compagnie private (il termine del 1° aprile è stato spostato al 1° ottobre 2025 per le medie imprese e al 1° gennaio 2026 per le piccole e micro imprese).

Le imprese italiane pagano 21 miliardi l’anno di imposte ambientali

Secondo l’Ufficio studi della Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre), ogni anno le imprese italiane versano ben 21 miliardi di euro in imposte ambientali. Una parte significativa di queste risorse si potrebbe destinare alla prevenzione dei disastri naturali. Interventi come la pulizia degli alvei dei fiumi, la manutenzione degli argini e la realizzazione di bacini di laminazione potrebbero ridurre i danni causati da eventi calamitosi, che troppo spesso colpiscono l’Italia. Purtroppo, negli ultimi decenni, queste opere sono state realizzate con troppa lentezza, se non solo a seguito di disastri già avvenuti.

Il nuovo obbligo assicurativo, volto a coprire i danni catastrofici, si inserisce nel contesto della difficoltà del sistema pubblico nel garantire rimborsi tempestivi. Gli aiuti statali, infatti, arrivano spesso troppo tardi, quando le imprese colpite sono ormai costrette a chiudere a causa dei danni economici subiti. Con il supporto delle assicurazioni, invece, le imprese potrebbero ricevere i rimborsi in tempi molto più rapidi, permettendo loro di riprendersi con maggiore celerità.

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Cgia: nessuna intenzione di ridurle

Tuttavia, la Cgia avverte che se non verrà ridotto l’importo delle imposte ambientali già esistenti, le imprese si troveranno a sostenere un doppio onere. A oggi, infatti, non sembra esserci alcuna intenzione di ridurre le tasse che le aziende versano annualmente. Anzi, si teme che i contributi agli enti locali possano addirittura aumentare, un fenomeno che si è già verificato negli ultimi anni, con il conseguente aumento delle difficoltà economiche per le imprese italiane.

Un altro aspetto cruciale da considerare è la crescente presenza dei privati nel settore della protezione ambientale. Nel corso degli ultimi 25 anni, infatti, lo Stato ha progressivamente ridotto il suo intervento in settori strategici come previdenza, sicurezza e sanità, lasciando spazio al settore privato. Questo trasferimento di responsabilità, spiega la Cgia, non deve tradursi in un aggravio dei costi per le famiglie e le imprese. «Se il settore privato acquisisce sempre più potere, le imposte che paghiamo per garantire questi servizi dovrebbero diminuire, un obiettivo che, purtroppo, non è ancora stato raggiunto», incalza l’Associazione.

I settori più colpiti

Nel 2022 il settore che ha versato la quota maggiore delle imposte ambientali è stato quello delle imprese energivore (contributi per l’energia elettrica, gas, vapore, ecc.), che ha contribuito con 5,3 miliardi di euro. Seguono le imprese manifatturiere, con un contributo di 5 miliardi, e il settore dei trasporti con 3 miliardi. Insieme, questi tre settori rappresentano il 63,7% del gettito totale delle imposte ambientali.

L’Italia tra i Paesi più tassati d’Europa

Se si considera anche il carico fiscale a carico delle famiglie, l’Italia si posiziona tra i Paesi più tassati dell’Unione Europea. Nel 2023 il gettito complessivo delle imposte ambientali è stato pari a 54,2 miliardi, superato solo dalla Germania con 71,4 miliardi. Se, tuttavia, si rapporta il gettito delle imposte ambientali al pil, la posizione dell’Italia migliora, infatti si piazza all’ottavo posto con un’incidenza del 2,6%, un dato nettamente superiore rispetto a Francia (1,8%), Germania (1,7%) e Spagna (1,6%), ma leggermente sopra la media europea, pari al 2% (vedi Tabella 3).

Insomma, le imprese italiane stanno affrontando una situazione fiscale complessa e onerosa, e l’introduzione dell’obbligo di stipulare polizze catastrofali rischia di aggravare ulteriormente il loro carico. La combinazione di imposte ambientali elevate e l’obbligo di copertura assicurativa privata potrebbe portare a un doppio danno per le imprese, già penalizzate dalla lentezza del sistema pubblico nella gestione delle calamità. È fondamentale che il governo prenda in considerazione una riduzione delle imposte ambientali per evitare di porre un ulteriore peso sulle spalle delle aziende, che continuano a sostenere un fardello fiscale tra i più alti d’Europa. Solo così si può evitare che le imprese italiane vengano penalizzate da una doppia tassazione che non sembra giustificata da benefici tangibili. (riproduzione riservata)



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