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2 Aprile 2025
dai sostegni statali ai nuovi centri, i 14 punti


Centri per la famiglia diffusi su tutto il territorio nazionale, per dare un supporto informativo ai genitori, in particolare nei primi mille giorni dei bambini e delle bambine. Con una figura ad hoc che ne segue lo sviluppo e aiuta a conoscere gli strumenti pubblici a disposizione delle famiglie. Ma anche un nuovo “family welfare manager” che fa da coordinatore tra i cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni che forniscono i sostegni statali a chi ha figli. Sono i pilastri del Piano per la famiglia 2035-2027 della ministra Eugenia Roccella.

La strategia in 14 punti, nelle intenzioni del governo, può contribuire a combattere l’emergenza denatalità, con l’Istat che oggi diffonderà nuovi numeri che dovrebbero certificare un ulteriore calo delle nascite nel 2024. Il Piano è già partito con il decreto Caivano, che ha assegnato nuovi compiti agli oltre 600 centri per la famiglia già presenti sul territorio, che finora non avevano una funzione riconosciuta al livello nazionale. Tra questi la promozione del parental control e le attività di informazione sia sul mondo del digitale che sulla diffusione tra i giovani di alcune droghe come il Fentanyl, il cui pericolo inizia ad affacciarsi anche in Italia con i primi casi di utilizzo.

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LE RISORSE

In Conferenza Stato-Regioni è stato da poco varato il riparto delle risorse statali di 28,7 milioni. Un primo passo, perché si punta almeno a raddoppiare questa cifra nei prossimi mesi, con il ministero della Famiglia a fare da coordinatore, essendo un dicastero senza portafoglio. Le risorse serviranno già nelle prossime settimane per iniziare a rafforzare i centri già presenti e costruirne decine di nuovi, soprattutto al Sud (ad oggi 137 delle 613 strutture sono nella sola Lombardia). Con un approccio di sussidiarietà: saranno gli enti locali a definire dove e come potenziare i centri esistenti o a costruirne di nuovi. Il programma è in netta discontinuità con quello dell’ex ministra Elena Bonetti, che poggiava sul Pnrr e sul cosiddetto Family Act, in buona parte archiviato. I centri rinnovati non diventeranno consultori, perché non hanno una connotazione sanitaria e non forniranno un supporto psicologico, ma in diverse realtà territoriali sono già legati proprio ai consultori. Ad esempio in Veneto, dove i centri sono 61. «Il centro per la famiglia – si legge nel Piano – diventa il centro gestionale e operativo degli interventi per promuovere il benessere della famiglia su uno specifico territorio».

Lo fa interfacciandosi sia con le famiglie sia con tutti gli operatori del welfare familiare. Perché «è stato immaginato che sia il centro fisico e operativo che raccorda tutte le azioni in favore delle famiglie, siano esse realizzate dalle imprese, dal terzo settore o dagli enti locali».

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LE FIGURE

Quanto ai nuovi “angeli” per i neogenitori, per ora non sono previste nuove assunzioni nei centri, ma una formazione ad hoc per affiancare mamme e papà nei primi 1.000 giorni dalla nascita, la fase più delicata anche per lo sviluppo futuro dei minori. Entro il 2027 dovrebbe poi essere diffusa in modo capillare la figura del family welfare manager. Verranno poi avviati studi per il monitoraggio e gli effetti sulla natalità di vari sostegni (come Assegno unico, bonus asili nido e congedi rafforzati) e uno sui giovani della generazione Z (con sempre meno possibilità concrete e voglia di mettere su famiglia). Infine verrà creata una piattaforma online con le migliori pratiche di welfare familiare tra le aziende e la Pa, premiando con un “bollino di qualità” le esperienze più virtuose. Si lavorerà poi per nuovi strumenti che incoraggino il rientro al lavoro delle lavoratrici dalla maternità, lo scoglio sul quale una volta su cinque si incaglia definitivamente l’occupazione femminile. Critiche con il Piano le opposizioni, dal Pd e Avs al M5s, che evidenziano come le risorse a disposizione siano molto ridotte e gli effetti sulla natalità rischino di essere poco tangibili.

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