3 Aprile 2025
un Pnrr per la casa e leva fiscale per coinvolgere i privati – ANCE


Per affrontare l’emergenza abitativa, che in Italia sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti, bisognerebbe riorganizzare tutti gli interventi già messi in campo dal governo per l’edilizia residenziale, pubblica e sociale, attuare un approccio integrato che tenga conto dei progetti di rigenerazione urbana e prevedere una maggiore flessibilità normativa per il riuso del patrimonio edilizio esistente. Interventi che andrebbero accompagnati dall’utilizzo della leva fiscale per favorire gli investimenti privati. Sono queste alcune delle osservazioni avanzate dal Vicepresidente dell’Ance, Stefano Betti, nel corso dell’audizione presso la Commissione Ambiente della Camera nell’ambito dell’esame, in sede referente, delle proposte di legge (Ddl 1562/C e Ddl 1169/C) sulla programmazione dell’edilizia residenziale pubblica, le agevolazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio residenziale pubblico e sociale, nonché il sostegno dell’accesso alla locazione di immobili abitativi e del pagamento dei canoni di locazione.

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L’aumento costante dei prezzi degli immobili nelle grandi città, la riduzione della dimensione media delle famiglie, la crescita demografica concentrata nei centri urbani e la scarsità di alloggi accessibili stanno alimentando una crisi che richiede risposte strutturali e innovative. E in questo contesto – sottolinea il Vicepresidente dell’Ance – l’Unione Europea sta assumendo un ruolo sempre più rilevante come promotrice di politiche comuni e sostegno economico. Le sfide dell’affordable housing non possono prescindere da una politica ambiziosa e integrata che punti anche alla riqualificazione e all’incremento degli alloggi pubblici, con un ruolo decisivo da affidare agli Stati nazionali. Si tratta, in sostanza, di un’emergenza che richiede una visione di lungo periodo che metta al centro il diritto alla casa, la qualità dell’abitare e lo sviluppo sostenibile delle città. Per l’ANCE è, quindi, necessario lavorare ad un PNRR per la casa che combini riforme e investimenti.

Edilizia residenziale pubblica e sociale

Dal primo Piano Fanfani alle misure previste nel PNRR, si sono succedute nel tempo tutta una serie di iniziative finalizzate a rispondere, in maniera differente, alla questione abitativa. Nonostante tutto questo, in Italia negli ultimi decenni non c’è stata una politica abitativa strutturata e l’Edilizia residenziale pubblica è diventata una modalità di intervento residuale e in dismissione (a seguito anche dei vari processi di dismissione degli alloggi pubblici). Nel corso degli ultimi decenni è cresciuta, invece, l’attenzione per l’Edilizia Residenziale Sociale (ERS) ossia verso una domanda di alloggi proveniente da soggetti che non possono accedere al libero mercato ma non rientrano nei requisiti per accedere alle case dell’edilizia residenziale pubblica. Per il Vicepresidente Ance, Stefano Betti, fornire l’accesso all’edilizia sociale ad ampie fasce della popolazione è un obiettivo che richiede l’adizione di “politiche abitative innovative e integrate con le iniziative di rinnovamento urbano, che non si limitino alla semplice riqualificazione edilizia ma che promuovano una visione complessiva di rigenerazione urbana, inclusiva di accessibilità, mobilità, servizi e infrastrutture di interesse della collettività”.

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La domanda abitativa ha subito significative trasformazioni negli ultimi decenni, anche in conseguenza dei cambiamenti demografici, economici e sociali. “Lo squilibrio tra domanda e offerta, rilevato anche nelle premesse dei due disegni di legge – ha commentato Stefano Betti – ha portato a un aumento sostenuto dei costi degli affitti, rendendo l’accesso alla casa sempre più oneroso, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione. Le città più grandi, centri di attrazione economica e culturale, sono particolarmente colpite da questa crisi, con affitti che raggiungono livelli proibitivi per molti”.

Ad aggravare la situazione anche la qualità dell’offerta abitativa: molti alloggi disponibili sono obsoleti o inadeguati, necessitando interventi di riqualificazione profonda. Questo panorama è complicato dalla pressoché assenza, come testimoniano anche le due proposte normative esaminate, degli investimenti pubblici in edilizia residenziale pubblica e sociale. In risposta a questa crisi, è fondamentale che il legislatore nazionale avvii una riforma delle politiche abitative attraverso un piano nazionale che non solo risponda alla domanda di casa in modo articolato ma sia lo spunto per promuovere un modello urbano virtuoso fatto di regole semplici e incentivi per il coinvolgimento degli operatori privati. Sotto questo profilo i Ddl in esame hanno sicuramente degli aspetti positivi sia in considerazione di stanziamento dei fondi che per la previsione di alcune opportunità volte ad aumentare l’offerta abitativa. “Tuttavia sarebbe opportuno per entrambi i DDL – ha aggiunto il vicepresidente dell’Ance – prevedere una maggiore attenzione all’edilizia sociale o comunque alla previsione di nuove forme abitative che siano funzionali a rispondere a tutti i bisogni emergenti”.

Politiche abitative e rigenerazione urbana.

L’Ance condivide quanto previsto nelle premesse del Ddl n. 1562 e poi nell’articolo 2 che sottolinea l’importanza iniziale di un’attenta ricognizione dello stato di tutti gli interventi programmati. Ciò è, infatti, essenziale per assicurare che ogni risorsa sia utilizzata efficacemente e che le azioni intraprese rispondano al reale fabbisogno abitativo. Un aspetto di primaria importanza è l’integrazione delle politiche abitative con quelle relative alla rigenerazione urbana, alla mobilità e alle infrastrutture. L’adozione di strategie che promuovano la creazione di quartieri accessibili con servizi di prossimità contribuirebbe, secondo l’Ance, a un più equilibrato sviluppo del territorio.

Allo stesso tempo, è essenziale prevedere una maggiore flessibilità normativa per agevolare il riuso del patrimonio edilizio esistente e favorire progetti innovativi nel campo dell’edilizia residenziale sociale. Semplificare le procedure per la riconversione di edifici dismessi e consentire interventi di recupero e riqualificazione con norme più snelle potrebbe rappresentare una spinta ulteriore per ampliare l’offerta abitativa.

La leva fiscale

Entrambi i provvedimenti prevedono, poi, condivisibili misure fiscali. Nel Ddl 1169/C, gli incentivi fiscali sono diretti ai locatari di alloggi sociali (come definiti dal DM 22 aprile 2008) con reddito sino a 30.987,41 euro, mentre nel Ddl 1562/C le agevolazioni vengono riconosciute agli ex IACP (comunque denominati e agli Enti ad essi assimilati), in qualità di soggetti attuatori di programmi di edilizia residenziale pubblica, nonché agli operatori pubblici o privati, che assumeranno un ruolo attivo nell’implementazione di un programma pluriennale straordinario di edilizia residenziale sociale, cd. “programma Abita, da definire con apposito Decreto attuativo. “Quest’ultima misura è particolarmente interessante – ha spiegato il vicepresidente dell’Ance – in quanto può costituire un importante veicolo di coinvolgimento degli operatori economici privati nell’implementazione di una politica di contrasto al disagio abitativo, in sinergia con gli Enti pubblici territoriali”.

Proprio per garantire una più ampia partecipazione degli operatori economici all’attuazione di programmi di edilizia sociale, contribuendo al meglio ad incrementare l’offerta abitativa sociale, si dovrebbe valutare la possibilità di integrare il provvedimento con misure in grado di abbattere l’incidenza della variabile fiscale sull’intero ciclo di attuazione dei programmi di housing: dall’acquisto degli immobili da riqualificare, alla fase di locazione vera e propria da parte degli operatori economici privati, che oggi sconta una tassazione talmente elevata da fungere da deterrente per qualsiasi forma di investimento in quest’ambito.

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In particolare, sarebbe opportuno prevedere un regime fiscale ridotto (imposta di registro e ipo-catastali in misura fissa, pari a 200 euro ciascuna) per l’acquisto degli immobili funzionali alla realizzazione dei programmi di housing e la qualificazione come beni strumentali degli alloggi concessi in locazione dagli operatori economici privati, che assumono un ruolo attivo dell’implementazione dei piani medesimi.

Condivisibile, inoltre, per l’Associazione, anche la possibilità di un utilizzo alternativo degli incentivi, attraverso il meccanismo della cessione del credito di imposta, anch’essa prevista nel Ddl 1562/C. In alternativa, si potrebbe valutare anche la possibilità di sostituire questo meccanismo con un contributo finanziario erogato direttamente all’impresa che esegue i lavori di riqualificazione energetica o antisismica, a parziale copertura del corrispettivo degli stessi, sempre come forma alternativa alla fruizione degli incentivi sotto forma di detrazione diretta.

In questo modo, si avrebbe la garanzia dell’effettiva destinazione dei fondi erariali alla parziale copertura dei costi degli interventi di riqualificazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica o sociale.

Il riordino dei Fondi immobiliari

L’Associazione nazionale dei costruttori edili concorda con la costituzione, prevista nel Ddl 1169/C, di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale pubblica ovvero promozione di strumenti finanziari con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa pubblica in locazione. “Ma tali strumenti – ha sottolineato Betti – devono essere rivolti alla realizzazione, non solo di operazioni di edilizia residenziale pubblica, ma anche di interventi privati per aumentare l’offerta di alloggi a canoni/prezzi accessibili”.

 

Per un esame più dettagliato degli articoli dei provvedimenti e delle relative valutazioni e proposte dell’Ance, si rimanda al documento completo in allegato.

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Allegati
Audizione_Ance_DDL_Edilizia_residenziale_pubblica
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