
Il ministro: difendiamo i nostri interessi. Siamo di fronte a un cambiamento storico, che mette sotto tiro la globalizzazione. Il negoziato spetta alla Commissione europea.
Giancarlo Giorgetti non si spinge fino a proporre di sospendere il Patto di stabilità europeo di fronte all’offensiva dei dazi scatenata dalla Casa Bianca. Ma ci va molto vicino perché, come ministro dell’Economia, vede quello che sta accadendo: Paesi europei con maggiori margini di bilancio, dati dalla crescita o dalla storica prudenza, si preparano a reagire alle emergenze di queste settimane facendo più deficit perché se lo possono permettere. E l’Italia no, con il rischio di subire di più le conseguenze dei tempi di ferro che si preparano. «Il debito è un dato di fatto, un vincolo di cui bisogna tenere conto in qualsiasi situazione — ha detto ieri Giorgetti al Forum Teha-Ambrosetti di Cernobbio —. E io non posso ignorarlo, perché le decisioni davanti a noi non sono banali».
La Spagna
Non per tutte le economie europee è esattamente così. Grazie anche all’accelerazione decisa sull’energia verde a basso costo e all’apertura all’immigrazione, la Spagna è cresciuta quasi al 3% medio negli ultimi due anni. E ora si appresta a spendere questo dividendo impiegando 14 miliardi di euro per attutire l’impatto della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Lo ha spiegato ieri al Forum Teha Carlos Cuerpo, il ministro delle Finanze di Madrid: «Dobbiamo proteggere i nostri cittadini e le imprese, stendere una rete di sicurezza come abbiamo fatto in pandemia», ha detto. Qualcosa di simile, malgrado tutte le differenze, sta facendo la Germania con un programma di investimenti nella difesa da 500 miliardi di euro nei prossimi anni.
Un sistema asimmetrico
Giorgetti osserva e la sua preoccupazione non diminuisce, perché sa di non poter seguire. Anche se lui stesso sottolinea la grande adattabilità delle aziende del Paese. «Il problema italiano è che partiamo da una situazione in cui i nostri spazi di bilancio sono profondamente diversi», nota —. Poi il ministro riserva una frecciata, se non alla Spagna, a un sistema europeo che a lui appare asimmetrico: «Se si evocano aiuti alle imprese danneggiate, allora ciò deve essere consentito a tutte in Europa», ha detto. Il problema naturalmente è la diversità delle risorse nei vari Paesi e il ministro dell’Economia ha accennato — in modo volutamente criptico — a una risposta invocando l’articolo delle nuove regole di bilancio europee che permette di interrompere in tutta Europa il percorso concordato di riduzione della spesa. Non solo l’articolo che permette eccezioni per singoli Paesi. «C’è l’articolo 26 ma anche l’articolo 25 nell’attuale governance di bilancio europea — ha buttato lì il ministro — e ci sono conseguenze economiche per tutto questo». Il riferimento a quanto fu fatto in Europa durante la pandemia — sospensione delle regole, poi un’emissione di debito comune — è esplicito: «Credo che si debba seguire un approccio razionale — ha detto Giorgetti ieri a Cernobbio — facendo riferimento a ciò che si realizzò in Europa quando si presentò l’emergenza pandemica».
Un cambiamento storico
Eppure il ministro non crede alle scorciatoie, perché capisce che neanche un negoziato con la Casa Bianca può ridurre il senso della svolta in corso. «Già con Joe Biden e i sussidi dell’Inflation reduction act la tendenza al protezionismo era delineata — ricorda il ministro —. Ora siamo di fronte a un cambiamento storico, che mette sotto tiro la globalizzazione».
Con un omaggio al suo predecessore Giulio Tremonti e una frecciata alla Cina: «Come lui dice — ha aggiunto Giorgetti — abbiamo sottovalutato le conseguenze sociali e politiche di chi non usava strumenti di libero mercato».
Per il negoziato che si prospetta con Washington, il ministro si dice favorevole alla «de-escalation» (dunque niente ritorsioni), aggiunge che sui dazi «non bisogna pigiare il bottone del panico», e poi precisa: «Il governo porta gli interessi dell’Italia in Europa, ma la politica commerciale è competenza della Commissione».
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