7 Aprile 2025
Lecco non è ancora una città per turisti


Come fosse un compito in classe, una verifica si chiama ora, alle superiori: Lecco è una città turistica? Il mio tema si esaurirebbe col dire che l’aggettivo è azzardato e che sta alla nostra realtà come il tondino a Como e i funghi a Riccione.

Provo a dimostrarlo partendo dalla vittima, come nei gialli del tenente Colombo.

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Capita spesso che in albergo arrivi un turista sconcertato e innervosito: “ ho prenotato un hotel sul Lake di Como, ma dove sono finito?” chiede al receptionist navigato che già conosce la scena che ne seguirà: lo straniero, per lo più russo o americano, non beve la spiegazione che si tratta pur sempre del lago di Como e pretende un rimborso, poi sbatte la porta alla ricerca di un taxi che lo accompagni laddove ha sognato di trascorrere vacanze a 100 all’ora nella culla del glamour internazionale.

L’esplosione della reputazione turistica del Lago di Como ha contagiato Lecco: dopo la pandemia, capoluogo e territorio sono stati benedetti dall’attenzione che il mondo ha riservato a Como, Bellagio, Cernobbbio e unica lecchese Varenna.

Si è insomma sostanziata la legge dei vasi comunicanti con i flussi che traboccando dai cugini hanno trovato accoglienza dai parenti serpenti, nonostante sulla nostra sponda non si veda l’ombra di una politica di sviluppo turistico, strutturata e professionale.

Pescando da fonti autorevoli, ho ricavato che il movimento complessivo in provincia ha generato solo il 10% dei pernottamenti. Siamo poco oltre il mordi e fuggi, marchio di fabbrica della seducente città manzoniana, incastonata tra acqua e monti e illustrata dalle cartoline con la raggiera di Lucia.

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Ha prodotto molto di più il sistema extraturistico con convegni, eventi, business traveller, corollari dello sviluppo del campus del Politecnico, del mondo della riabilitazione (Villa Beretta e Nostra Famiglia in testa), della internazionalizzazione delle aziende con la creazione di filiere alternative al ferro, senza dimenticare la spinta culturale della Fondazione comunitaria, Lecco FilmFest, Capolavoro targato don Davide Milani. E’ grazie a queste realtà ormai consolidate che arrivano turisti convinti: scienziati, ricercatori, manager, politici, tecnici.

Visitatori che non rincorrono l’aperitivo a bordo piscina ma, una connessione con il territorio, con il suo capitale umano, miniera di innovazione e presidio di peculiarità non degradabile.

S’avvertono segnali di bonaccia ma si procede a vista fidando nelle stelle e nello stellone comasco.

Non c’è bisogno di essere esperti del ramo perché il sistema ricettivo canta da sé: in quindici anni gli hotel sono passati da 105 a 64, con un crollo del 40% . Di contro sono esplose case vacanze, campeggi, ostelli.

Oggi il 90% delle presenze in provincia deriva dal settore extraalberghiero.

A me pare che Lecco sia fuori dal giro di agenzie, tour operator, congressi, orientati su strutture alberghiere solide, su catene internazionali, su investimenti lungimiranti.

La verità è che Lecco continua ad essere una città attrattiva,ma per motivi che il turismo internazionale non riconosce.

I cataloghi possono illudere, poi la realtà racconta un’altra storia, con progetti alberghieri lanciati nell’orbita della comunicazione senza fondamenta che li sostengano e a parte qualche mosca bianca fuori dal capoluogo occorre ammettere che il lusso non abita qui.

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Va da sè che la chiusa non può non chiamare in causa le istituzioni pubbliche, quelle che le forze politiche ambiscono legittimamente a conquistare, anche presentando agli elettori programmi faraonici e velleitari, tra le cui voci spicca puntuale il “rilancio del turismo”.

Un amo al quale nessuno più abbocca, ma che permette a noi di concludere come davvero l’aggettivo turistico a Lecco sia abusivo e che rischiamo di continuare ad essere la meta ’sbagliata’ per i turisti che volevano Como.

Ci salvano il cielo più azzurro di Lombardia e quando si fa buio, durante le feste natalizie, provvedono gli Amici di Lecco che da anni illuminano e incantano la città, attirando visitatori e illudendoci che, per un mese, viviamo nel paese dei balocchi.

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