
Il post su Truth del presidente, poi l’annuncio del rinvio dei dazi di 90 giorni e il boom delle Borse americane. Il caso del misterioso acronimo DJT
«Adesso è un momento grandioso per comprare!».
L’invito di Donald Trump arriva alle 0re 9,37 di lunedì 9 aprile, ovviamente, attraverso il suo social Truth. Tre ore e mezzo più tardi il presidente statunitense annuncia il rinvio di 90 giorni dei dazi «reciproci» contro tutto il mondo che hanno sconvolto le Borse globali per cinque sedute, abbattendone il valore di oltre 10 mila miliardi di dollari. La notizia della sospensione delle tariffe e delle trattative per evitarne l’entrata in vigore è un nuovo choc, ma di segno contrario, per gli investitori che si precipitano ad acquistare azioni a piene mani, spingendo l’S&P 500, il Dow Jones e il Nasdaq a rialzi senza precedenti.
La manipolazione del mercato
La previsione di Trump era insomma corretta e, d’altra parte, proveniva da chi aveva il potere di tradurla in realtà. Se si trattasse dell’amministratore delegato di un’azienda si tratterebbe di manipolazione del mercato; provenendo dal presidente degli Stati Uniti non è chiaro se il consiglio di comprare azioni violi qualche norma né chi, nel caso, potrebbe sanzionarlo.
Sta di fatto che chi ha accolto il suggerimento di Trump è riuscito ad anticipare un rimbalzo da record che ha portato gli indici di Wall Street a guadagnare 5400 miliardi di capitalizzazione nel giro di poche ore.
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Chi, la maggior parte degli investitori, ha invece continuato a vendere sino all’annuncio ufficiale del rinvio dei dazi presterà sicuramente d’ora in poi maggior attenzione ai segnali provenienti dall’account Truth presidenziale.
Pochi, del resto, scommettevano su un svolta a 360 gradi tanto repentina dopo che per giorni il presidente Usa e gli altri rappresentanti dell’amministrazione avevano detto e ribadito che non vi era alcuna possibilità di rinvio dei dazi.
Il presidente aveva sottolineato anzi la necessità che gli Stati Uniti assumessero un’amara medicina per curare la malattia del deficit, mentre – pur provenendo dal settore finanziario come altri esponenti dell’amministrazione Usa – il segretario al Tesoro, Scott Bessent, aveva rimarcato la priorità assegnata dalla Casa Bianca al sostegno di Main Street, l’economia reale «dell’uomo della strada», anche a costo di sacrificare Wall Street, la finanza.
La smentita Walter Bloomberg
Lunedì la Casa Bianca aveva persino smentito la notizia di una moratoria di 90 giorni dei dazi che, diffusa sui social da un tal Walter Bloomberg, aveva dato il la a un violento ma breve rialzo di Wall Street. E invece l’indiscrezione dell’account anonimo di Bloomberg (niente a che vedere con l’agenzia di stampa) era corretta nella sostanza, anche se non nei tempi dell’annuncio. Quelli li poteva conoscere soltanto la persona con il potere di decidere il rinvio, il presidente degli Stati Uniti. Che nel messaggio via social ha concluso il consiglio per gli acquisti con una sigla criptica: DJT.
Il caso dell’acronimo DJT
L’acronimo individua le azioni di Trump Media & Technology Group, l’azienda proprietaria della piattaforma Truth e controllata al 53% proprio dalla trust del presidente degli Stati Uniti. Ieri la società ha guadagnato il 21% a Wall Street dopo il rinvio dei dazi, arrivando a 4,5 miliardi di capitalizzazione. Pochi giorni prima, l’1 Aprile, in un documento l’azienda ha comunicato al mercato che Trump e la sua famiglia potranno in futuro vendere gradualmente sul mercato gli oltre 114 milioni di azioni in loro possesso. Un tesoretto che dopo il boom di Wall Street di ieri vale oltre 2,2 miliardi di dollari.
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