
Stanno scoperchiando il vaso di Pandora. Con la scusa della lotta agli sprechi e alle frodi i dati sensibili dei cittadini americani sono messi a repentaglio.
La denuncia è stata lanciata da alcuni mass media Usa e da organizzazioni di vario tipo. Il Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge) di Elon Musk ha avuto accesso a banche dati inarrivabili per chiunque altro fino a poche settimane fa. Giudici e tribunali hanno tentato di vederci chiaro e di porre dei limiti. La Casa Bianca è dovuta intervenire, fornendo le rassicurazioni del caso per tranquillizzare l’opinione pubblica. In precedenza, solo per avvicinarsi a certe banche dati, erano necessarie autorizzazioni su autorizzazioni, concesse con il contagocce a pochissimi specialisti fidati. Ma nessuno poteva riunire tutte queste informazioni assieme.
Premesso che qualsiasi genere di accusa dovrà essere dimostrata nelle sedi competenti, la riflessione da fare è un’altra. Ossia che il pericolo di un “Grande Fratello”, che sa tutto di noi, diventa, comunque, sempre più reale nelle sofisticate – ma per questo fragili – società contemporanee. Inoltre non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale (AI), che è già destinata a cambiare prossimamente la vita quotidiana di chiunque di noi, è in grado di vagliare e di gestire enormi quantità di dati. Ma una cosa è avere a che fare con informazioni disordinate (e chissà se vere), recuperabili online, un’altra è mettere le mani su file governativi con protocolli standardizzati.
Pensiamo negli Stati Uniti, ad esempio, ai sussidi sociali forniti, alle richieste al “Medicare”, ai “grant” assegnati. Questo è uno spaccato di mondo reale “descritto” da dati verificati e ben catalogati. E cosa succederebbe se le cartelle sanitarie dei pazienti dovessero essere a disposizione di malintenzionati? E i dati bancari con tutte le transazioni e con i singoli patrimoni finanziari e immobili? Il rischio che qualcuno possa radunare dati sensibili su ognuno di noi e compili profili personali accurati diventa concreto. Figurarsi se questi dossier individuali fossero preda di un regime autoritario. Manco la Stasi – i famigerati Servizi segreti della Germania orientale comunista (Ddr) – sarebbe riuscita in un’impresa del genere.
Stando all’allarme lanciato dagli esperti, preoccupa enormemente anche che le tecnologie AI possano persino arrivare ad influenzare i comportamenti della popolazione, non solo quelli per gli acquisti ma anche quelli elettorali. C’è, però, un rovescio della medaglia. Se utilizzata in modo corretto e positivo l’intelligenza artificiale – alimentata da dati dello Stato – potrebbe essere utilissima per fare previsioni economiche o di mercato e anticipare possibili crisi; per migliorare gli investimenti nelle infrastrutture; per elaborare più azzeccati modelli di sviluppo di città “smart”.
In breve, come al solito dipende tutto dall’uomo e dalle sue intenzioni. Se questi megadati finiscono in mano ad un’unica persona privata o ad un’unica società sono dolori. Ma se esiste una istituzione superpartes – con obiettivi diciamo “positivi” – allora è diverso. Il progresso – va accettato – continua ad accelerare in maniera esponenziale, rivoluzionando la vita quotidiana degli individui. E l’umanità sta subendo questa sfida infermabile. Una domanda. Facendo tesoro di quanto sta succedendo oltreoceano, non sarebbe male che in Europa e in Italia si facessero le giuste riflessioni e si prendessero ulteriori contromisure (se necessarie) contro rischi di derive informatiche? Prevenire è sempre meglio che curare.
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