Artigiani al palo nel secondo semestre del 2024. E gli esordi del 2025, loro malgrado, non preannunciano i cambiamenti sperati. A dirlo è la tradizionale indagine congiunturale realizzata dal Centro Studi Lino Angelo Poisa su un campione di 1.500 imprese iscritte all’Associazione Artigiani e rappresentative di un campione di oltre 31mila realtà. Lo scenario lascia pochi margini di dubbio: l’artigianato è immobile.
Secondo semestre
Nel secondo semestre dello scorso esercizio, infatti, l’andamento del fatturato delle imprese artigiane è stabile (che può anche leggersi come «fermo», appunto) per il 53% degli intervistati, eccezion fatta per i settori della meccanica e del tessile, rispettivamente in calo per il 63% e 45% del campione. Solo il 18% delle realtà interrogate dichiara un aumento dei ricavi mentre il restante 29% li definisce in calo, con scenari particolarmente critici nelle zone dell’Oglio Ovest e di Brescia Ovest, dove il calo riguarda rispettivamente il 60% e il 50% delle imprese sentite.
Il 2025
Nemmeno le previsioni di produzione e fatturato per il primo semestre del 2025 appaiono rosee: il 33% del campione ipotizza infatti una diminuzione, a fronte di un 55% che li immagina stabili ed i un 12% in aumento. Disallineate dalla media dei settori, sono la meccanica e l’edilizia a presentare le previsioni più buie, con il 58% ed il 52% degli intervistati persuasi di una ulteriore diminuzione dei numeri. Cresce, invece, in tutti i settori il costo delle materie prime e dei servizi, dichiarato in aumento dal 63% delle imprese contro il 36% che lo vuole stabile e solo l’1% in diminuzione, con il costo dell’energia che pesa come un macigno soprattutto sulle micro imprese energivore, dalle officine meccaniche alle fonderie, complici oneri di sistema particolarmente pesanti. Stabili per l’84% del campione i prezzi di vendita di prodotti e servizi (solo il 5% li vede in diminuzione), a testimonianza di un altro semestre in cui i prezzi di vendita non compenseranno se non in minima parte l’aumento del costo delle materie prime appunto.
Occupazione
Lo scenario non migliora granché guardando agli altri fattori. Se la manodopera è stabile per il 76% del campione, per il 42% del campione permane la difficoltà a reperirne di specializzata, con punte del 63 e 60% nei settori elettrico e dell’autoriparazione. Stabili per l’80% delle intervistate anche i tempi di pagamento, che però risultano in aumento per il 17% del campione, il dato peggiore dal 2021 a oggi (era il 3% il semestre precedente) ed evidentemente da collegare al clima di incertezza che fa vacillare anche gli investimenti in macchinari e attrezzature (solo il 12% li dice in aumento).
L’indice di fiducia
Del resto, gli intervistati dichiarano di avere progetti e programmi, ma nel contempo timore ad investire. L’acquisto di macchinari di ultima generazione richiede infatti personale altamente qualificato e – a detta degli operatori – introvabile. Gli artigiani registrano inoltre un fenomeno di migrazione dalle loro piccole realtà, dove vengono formati, verso l’industria. In caduta libera anche l’indice di fiducia, stabile per il 52% e in diminuzione per il restante 41%: è il dato peggiore dal 2016. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, solo il 7% delle imprese dichiara in aumento le difficoltà di accesso al credito, a convalida che le relazioni delle realtà artigiane bresciane con gli istituti di credito sono buone.
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