I dazi doganali del 25% su acciaio e alluminio, decisi da Donald Trump l’11 febbraio, entrano in vigore oggi. E potrebbero essere seguuti a stretto giro da tariffe sul rame. Si apre così una nuova fase nella guerra commerciale tra gli Stati Uniti e i suoi principali partner commerciali. Il presidente americano aveva già tassato le importazioni di acciaio e alluminio durante il suo primo mandato (2017-2021), ma le nuove tariffe saranno “senza eccezioni e senza esenzioni”, garantisce la Casa Bianca il giorno dopo la marcia indietro del tycoon sul raddoppio al 50% dei dazi su acciaio e allumino canadesi. L’Ue, per cui gli Usa sono stati l’anno scorso il secondo mercato per l’export di acciaio, ha risposto annunciando dazi doganali “forti ma proporzionati” su una serie di prodotti americani a partire dal primo aprile. Risposta accolta con scherno dall’inviato per il commercio Usa Jamieson Greer secondo cui Bruxelles è “sconnessa dalla realtà” e “ignora completamente gli imperativi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e persino la sicurezza internazionale”. Trump ha promesso ulteriori “ritorsioni” e si è detto convinto che gli Stati Uniti “vinceranno la battaglia commerciale con l’Unione europea”.
Anche il Canada si è mosso rispondendo colpo su colpo e la Cina prenderà “tutte le misure necessarie”. Il Regno Unito invece spera in un accordo con Washington: il premier Keir Starmer vuol fare del suo Paese l’hub europeo per i centri dati delle società americane. Il Messico aspetterà il 2 aprile, quando dovrebbero scattare dazi anche sulle auto e le altre merci.
La Ue risponde – Bruxelles “si rammarica profondamente” per i dazi Usa, scrive in una nota la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. “Le tariffe sono tasse. Sono un male per le imprese e ancora peggio per i consumatori. Oggi l’Europa prende contromisure forti ma proporzionate” – anche se i dazi Usa colpiscono merci per 28 miliardi – per “proteggere consumatori e imprese“. In ogni caso rimane l’impegno al dialogo, affidato al commissario al Commercio Maroš Šefčovič. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha fatto appello alla ‘de-escalation’ e al ‘dialogo’. Per la lobby europea delle industrie siderurgiche, Eurofer, la mossa Usa “aggrava un contesto di mercato già disastroso per l’industria siderurgica europea e rappresenta una vera minaccia per il suo futuro” perché il mercato europeo già saturo di importazioni di acciaio a basso costo dall’Asia, dal Nord Africa e dal Medio Oriente “sarà ulteriormente inondato” e la produzione continentale, che nel 2024 ha già perso 9 milioni di tonnellate di capacità e 18.000 posti di lavoro, ora è ancora più a rischio.
Il Regno Unito negozia – Anche il governo del Regno Unito ha definito “deludenti” i dazi globali degli Stati Uniti, ma non ha annunciato ritorsioni, affermando che sta cercando di negoziare un accordo economico più ampio con Washington, su cui sono già in corso trattative. I dazi sono “totalmente ingiustificati”, afferma a sua volta il primo ministro australiano Anthony Albanese, che non è riuscito a ottenere un’esenzione all’ultimo minuto. “Questo non è un atto amichevole”.
Il Canada verso tariffe di ritorsione – Il Canada ha annunciato tariffe di ritorsione su importazioni Usa per quasi 30 miliardi di dollari. “Non resteremo inerti mentre le nostre industrie simbolo dell’acciaio e dell’alluminio vengono prese ingiustamente di mira”, ha dichiarato il ministro delle Finanze canadese Dominic LeBlanc, definendo l’attacco di Trump all’industria canadese “ingiustificato e ingiustificabile”. Le misure entreranno in vigore domani.
La Cina: “Tutte le misure necessarie”. Convocato Walmart – Dalla Cina, già colpita da altri dazi solo sulle sue merci a cui ha risposto con ritorsioni proporzionate, la reazione più decisa. Pechino fa sapere che “prenderà tutte le misure necessarie a tutela dei suoi interessi e diritti legittimi”. “Se gli Usa insistono nel voler sopprimere la Cina, allora dovremo rispondere in modo risoluto”, ha ammonito la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning. Significativo anche il fatto che il ministero del Commercio cinese e altri dipartimenti abbiano convocato per oggi i rappresentanti di Walmart, il colosso Usa della grande distribuzione, per aver sollecitato alcuni dei suoi fornitori mandarini a tagliare “significativamente” i loro prezzi nel tentativo di spostare l’onere dei dazi aggiuntivi americani del 20% sul Dragone, sui fornitori e sui consumatori cinesi. L’iniziativa del ministero ha lo scopo di esprimere le preoccupazioni di Pechino sulla mossa del gruppo americano. La richiesta , in particolare, “potrebbe potenzialmente interrompere la catena di fornitura, i normali ordini delle transazione di mercato e danneggiare i vantaggi sia delle aziende cinesi sia di quelle americane, nonché dei consumatori negli Stati Uniti”, aggiungono le agenzie di stampa cinesi.
Il Giappone attendista – Il portavoce del governo giapponese, Yoshimasa Hayashi, ha definito ‘deplorevole‘ la decisione di non concedere al Paese asiatico l’esenzione dai dazi su acciaio e alluminio. Ma, alla domanda se il Giappone stesse prendendo in considerazione misure di ritorsione, ha risposto che le due nazioni avrebbero continuato a discutere i dettagli dei dazi. “Misure diffuse per limitare il commercio rischiano di avere un impatto significativo sulle relazioni economiche tra Giappone e Stati Uniti, nonché sull’economia mondiale e sul sistema commerciale multilaterale”, ha dichiarato Hayashi.
Le preoccupazioni di Francoforte – La frammentazione commerciale e l’aumento della spesa per la difesa “hanno effetti a due facce: potrebbero spingere l’inflazione verso l’alto, ma i dazi statunitensi potrebbero anche ridurre la domanda di esportazioni dell’Ue e reindirizzare l’eccesso di capacità produttiva dalla Cina verso l’Europa, facendo diminuire l’inflazione”, ha commentato la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, spiegando che la Bce sta considerando diversi scenari su dazi e spesa fiscale ma “la direzione degli shock è molto più difficile da predire rispetto a prima”. Il livello di incertezza economica e geopolitica “è eccezionalmente alto” e i banchieri centrali, ha spiegato, “dovranno mostrare agilità per aggiustare la loro posizione e i loro strumenti alle circostanze che cambiano”.
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