Dazi Usa, per le imprese italiane è possibile un impatto fino al 16% sulle esportazioni


Secondo Sara Armella, esperta di diritto doganale, «le tariffe di ritorsione dell’Ue contro le tariffe statunitensi su acciaio e alluminio, implementate nel primo mandato di Trump e poi sospese durante l’amministrazione Biden, dovrebbero riprendere il 1° aprile». er l’avvocato Paolo Menarin, «la crisi geopolitica rende difficile sostituire gli Usa con nuovi mercati, almeno nel breve termine, anche se bisogna ricordare la capacità di ovviare agli imprevisti tipica del nostro tessuto produttivo di pmi». Intanto, l’euro mantiene una posizione solida, sostenuto dai flussi di capitale verso i titoli europei, ricorda Michele Sansone della piattaforma valutaria iBanFirst Italia

Di recente gli Stati Uniti hanno annunciato l’introduzione di tariffe doganali del 25% su una serie di prodotti europei, una misura che potrebbe incidere sugli equilibri commerciali tra le due sponde dell’Atlantico. Dopo interventi simili su Canada, Messico e Cina, ora l’Unione Europea si trova coinvolta in una nuova fase delle politiche protezionistiche statunitensi. L’Italia, il cui export verso gli USA rappresenta il 22,2% delle vendite extra-UE, potrebbe risentire in modo significativo di questa decisione. Nel 2024, il valore delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 65 miliardi di euro, secondo il centro studi Confindustria, con un avanzo commerciale di 39 miliardi, sottolineando la forte dipendenza dell’export Made in Italy dal mercato americano rispetto alla media europea.

Un grande impatto

«L’impatto sul nostro export, se saranno adottate le misure annunciate, sarà certamente significativo – commenta l’avvocato Sara Armella, fiscalista ed esperta di diritto doganale, fondatrice dello studio Armella & Associati – I primi studi pubblicati a livello internazionale prevedono una riduzione delle esportazioni del 16% per le imprese italiane ed europee, con un impatto dell’ordine di un punto percentuale per il Pil delle economie più dipendenti dalle esportazioni, come Germania e Italia. Per l’Italia, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di destinazione delle vendite al di fuori dell’Unione europea, assorbendo oltre il 10,4% delle nostre esportazioni. La bilancia commerciale è decisamente a nostro favore: nel periodo gennaio-ottobre 2024, il valore delle esportazioni italiane verso gli USA ha raggiunto i 53,45 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto il valore di 21,43 miliardi di euro, anche se lo sbilanciamento è attenuato dal surplus degli Stati Uniti verso l’Italia nel settore dei servizi e dell’economia digitale».
I settori più esposti alle nuove tariffe americane includono le bevande, l’automotive e la farmaceutica, che insieme rappresentano oltre un terzo dell’export italiano
. «L’Unione europea ha annunciato di voler rispondere ‘fermamente’ a qualsiasi tariffa annunciata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma al momento sta attendendo di scoprire maggiori dettagli sulla ondata di dazi annunciati – prosegue Armella – Le tariffe di ritorsione dell’UE contro le tariffe statunitensi su acciaio e alluminio, implementate nel primo mandato di Trump e poi sospese durante l’amministrazione Biden, dovrebbero riprendere il 1° aprile. I prodotti che rientrano in questo elenco includono motociclette Harley Davidson, jeans Levi’s, succo d’arancia e whisky bourbon».




















































Le nuove sfide

Aggiunge Paolo Menarin, partner dello studio legale Casa & Associati: «La strategia americana è evidentemente tesa a tutelare la produzione manifatturiera interna, che con la globalizzazione aveva conosciuto una forte delocalizzazione. Sembra evidente che l’obbiettivo sia teso al reshoring, ovvero a far rientrare in USA la produzione manifatturiera già delocalizzata durante l’era della globalizzazione, che sembra ormai definitivamente alle spalle. L’attuale crisi geopolitica inoltre rende difficile sostituire dei nuovi mercati a quello USA, e ciò almeno nel breve termine, anche se bisogna sottolineare che la capacità di ovviare agli imprevisti tipica del nostro tessuto produttivo delle PMI si è sempre rivelata straordinaria, così come la qualità dei prodotti che, in più di qualche caso, potrebbe far sentire relativamente l’impatto su determinate realtà produttive. Ad ogni modo per il settore manifatturiero, già in parte colpito in maniera indiretta dalle sanzioni alla Russia, si prospetta questa nuova sfida, ma sta alle istituzioni nazionali ed europee non solo creare le condizioni politiche per una risposta efficace che possibilmente non aggiunga troppa tensione ai mercati, ma anche legiferare velocemente per dirimere in fretta quelle incertezze che stanno soffocando certi settori, in particolare l’automotive e rimandare magari l’entrata in vigore di certe norme come il passaporto di prodotto che pongono dei ben gravosi adempimenti troppo a breve termine, e che possono essere rimandati a tempi in cui le congiunture saranno auspicabilmente meno complesse».

Trovare la soluzione

Anche i mercati valutari potranno subire gli effetti delle nuove tariffe imposte da Trump. Come evidenzia Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia, società che offre una piattaforma innovativa per la gestione dei pagamenti cross-border e la mitigazione dei rischi legati alle fluttuazioni valutarie, «nonostante l’introduzione di dazi del 25% sui prodotti europei, l’euro mantiene una posizione solida, sostenuto dai flussi di capitale verso i titoli europei, attualmente scambiati con uno sconto del 33% rispetto alle controparti statunitensi. Inoltre, la crescita dei rendimenti nel mercato obbligazionario europeo – storicamente correlata a una valuta forte – contribuisce a rafforzare la moneta unica. Per l’Italia, l’impatto di questa misura potrebbe rivelarsi particolarmente rilevante. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali mercati di sbocco per l’export italiano, in particolare nei settori del lusso, dell’automotive e dell’agroalimentare. Aziende leader del Made in Italy potrebbero risentire della minore competitività dovuta all’aumento dei costi, mentre le imprese manifatturiere, già sotto pressione per l’elevata inflazione e i costi energetici, potrebbero subire un ulteriore rallentamento della domanda estera. Da monitorare l’andamento del cambio euro-dollaro che, se proseguisse nella direzione di rafforzamento della moneta europea, potrebbe amplificare gli effetti negativi dei dazi sulle imprese, riducendo ulteriormente la competitività dei prodotti italiani sui mercati internazionali».
Più pragmatico l’atteggiamento delle aziende italiane, con settori produttivi strategici particolarmente esposti, ma che possono estendersi a tutte le realtà imprenditoriali che stanno puntando sull’internazionalizzazione per crescere nei mercati globali, come Olivieri 1882, storica pasticceria di Arzignano in provincia di Vicenza. «Siamo un brand internazionale che vende in decine di Paesi nel mondo e tendiamo a non essere allarmisti nei confronti di questi aspetti fintantoché non siano ufficiali – spiega il ceo Nicola Olivieri. – Già in passato erano stati attivati dei dazi ma non sui nostri prodotti. Il nostro fatturato americano incide per il 30% e siamo convinti di poter riuscire a trovare una soluzione per servire comunque il nostro consumatore statunitense che ama il nostro prodotto. Abbiamo comunque fiducia che la nostra politica stia affrontando consapevolmente il possibile tema nelle sedi adeguate».

L’infliuenza sull’export

«Lo scenario dei dazi merita attenzione – riflette Daniele Arduini, ceo di Kampaay, agenzia per gli eventi aziendali innovativa – Potrebbero influenzare l’export italiano e europeo, con possibili ripercussioni sulle vendite dei nostri clienti negli Stati Uniti. Sarà importante nelle prossime settimane e mesi valutare eventuali aggiustamenti nelle strategie di investimento e accompagnare i nostri clienti nell’ottimizzazione degli eventi e delle attività di networking internazionale per massimizzare le opportunità di business in questo nuovo scenario».
Le opportunità offerte da innovazione e digitale possono rappresentare una soluzione per affrontare le nuove sfide. «Il Made in Italy è sinonimo di eccellenza e qualità riconosciuta in tutto il mondo. Questo posizionamento percepito è un asset straordinario per le imprese italiane, che possono affrontare le nuove sfide dei dazi americani attraverso strategie distributive più evolute – commenta Giovanni Farese, ceo di Webidoo Spa, digital company specializzata nello sviluppo di soluzioni tecnologiche e organizzative per la trasformazione digitale delle aziende – Con la giusta strategia, le piattaforme digitali rappresentano un’opportunità unica per integrare i canali tradizionali, ampliando la rete distributiva e raggiungendo nuovi segmenti di mercato negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il digital export è la chiave per espandersi in mercati ad alto potenziale, dall’Asia al Medio Oriente, dove cresce la domanda per prodotti di alta gamma come i nostri. Le imprese italiane hanno l’opportunità di trasformare il cambiamento in crescita, puntando sull’innovazione per consolidare e ampliare la forza globale del Made in Italy».

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12 marzo 2025



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