16 Aprile 2025
Transizione 5.0, la visione di Vincenzo Colla


Transizione 5.0? “Un cavallo in difficoltà che beve troppo poco”. Ma è meglio “avere uno strumento che sia in una situazione di difficoltà piuttosto che non avere uno strumento di finanziamento”. La pensa così Vincenzo Colla, Vicepresidente dell’Emilia-Romagna con delega a Sviluppo economico e green economy, Energia, Formazione professionale, Università e ricerca. Una lettura pragmatica del piano, la sua, che ne mette in luce sia le opportunità sia le criticità operative. La sua analisi, emersa durante un recente webinar organizzato da F-engineering proprio sul piano Transizione 5.0, si basa su una profonda (e storica) conoscenza delle dinamiche aziendali reali.

Il problema, per Colla, è che la “mancata messa a terra di sei miliardi e passa è un problema per il paese e per il sistema”, un’occasione persa per modernizzare l’industria italiana in un quadro che registra un PIL nazionale stagnante.

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Cumulo agevolazioni: rischio “politica finanziaria”

Tornando sul piano Transizione 5.0 Colla si dice soddisfatto delle nuove norme sul cumulo tra Transizione 5.0 e altri incentivi, ma mette in guardia dal raggiungere un “cumulo che porti al 100%”.

Il precedente del Superbonus – dice – insegna: “il rischio è che non si faccia politica industriale ma si faccia politica finanziaria”, togliendo responsabilità all’imprenditore.

Digitalizzazione, rischio divisione

La digitalizzazione ha una “velocità e un impatto mondialista che non si è mai visto,” ma può creare una pericolosa “polarizzazione” tra chi innova e chi soffre di “analfabetismo dell’innovazione”.

Per evitare “ottimati” contrapposti a “imprese povere,” è necessario “aggiustare questo strumento,” il Piano Transizione 5.0, per renderlo davvero accessibile a tutti, specie ai più piccoli.

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Burocrazia utile (se intelligente) e consulenti preparati

Alla burocrazia del piano Colla riconosce un ruolo: serve una “burocrazia intelligente” per evitare frodi (“senza burocrazia si infilano i farabutti”).

Per le imprese, diventa quindi essenziale affidarsi a “rapporti di consulenza di qualità per la gestione della burocrazia,” sfruttando l’esperienza per navigare le procedure.

Gli incentivi, comunque, sono degli abilitatori: non il fine, ma uno strumento. Ne sono convinti Maurizio Fiasché, Ceo di F-engineering e Francesco Timpano, Professore ordinario di Politica economica presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Come sottolinea Fiasché, “l’agevolazione fiscale serve per iniziare un percorso, che però necessita di un solido business plan per valutarne il ritorno e i benefici operativi”. L’incentivo, insomma, è la scintilla, ma il motore deve essere la strategia aziendale.

Secondo il professor Timpano le imprese devono cogliere il piano come occasione per migliorare sostanzialmente i processi, passo che può portare anche a innovazioni di prodotto. La misura “non può essere presa tanto per prenderla”, ma deve inserirsi in un rafforzamento delle strategie e in una visione di lungo periodo. L’obiettivo ultimo, per Timpano, deve essere l’aumento della produttività italiana ed europea, attraverso processi migliori e beni di maggior valore a costi contenuti.

Fiducia sullo strumento, ma servono fatti

Complessivamente Colla esprime fiducia nella “resilienza del paese e nel dinamismo della sua manifattura”. Ma questo dinamismo va “alimentato”.

Il suo giudizio su Transizione 5.0 resta sospeso: uno strumento potenzialmente utile, ma che richiede modifiche rapide e concrete – meno burocrazia, più inclusività per le PMI, focus sulle competenze – per poter davvero sostenere l’industria italiana.

Proroga PNRR? Sì, ma per investire (e serve la “sterzata” giusta)

Una proroga dei fondi PNRR è benvenuta, ma Colla si dice convinto che debba finanziare “investimenti in nuove tecnologie, digitalizzazione e sostenibilità” e magari rigenerazione urbana. Teme però una virata verso semplici sgravi senza investimenti reali. La sua proposta è sì di una “sterzata”, ma sui contratti di sviluppo e di filiera, chiedendo se necessario deroghe UE per integrare davvero le PMI nel cambiamento e non farle restare indietro.

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Sul punto è d’accordo Marco Calabrò, Capo Dipartimento per le Politiche per le Imprese del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che conferma: “le stime attuali indicano che, con il trend attuale, si riusciranno ad impegnare circa 3 – 3,5 miliardi dei 6,3 previsti”. Per questo nella finestra di rinegoziazione del PNRR prevista a metà maggio, le risorse rimanenti del piano 5.0 saranno ridotte. E dice: “Sono d’accordo con Colla: sposteremo quelle risorse verso contratti di sviluppo, probabilmente, non perché sia l’unico strumento possibile, ma semplicemente perché ci garantisce di rientrare in quella tempistica comunque che va rispettata, che è quella del PNRR”.

L’obiettivo condiviso, riconosce Calabrò, è chiaro: spostare risorse non verso logiche di ristoro emergenziale, ma per sostenere gli investimenti produttivi delle imprese.

Guardando oltre l’immediato, Calabrò sottolinea anche l’importanza di una programmazione futura, con interventi di supporto alle imprese che garantiscano stabilità e durata nel tempo. Riconosce il valore delle politiche di filiera, che necessitano di un approccio strategico, quasi “tailor-made” per ogni specifica catena del valore, andando oltre il semplice supporto finanziario. Su questo, conclude, c’è l’impegno del Ministero a collaborare con imprese e regioni per definire misure adeguate alle aspettative del sistema industriale.

Innovazione e sostenibilità: non più opzioni, ma necessità

Colla vede in atto una “grande operazione di innovazione” e riconosce che gli imprenditori hanno capito di dover “stare dentro in questo cambiamento” per competere. Diventare “innovativi e sostenibili” non è solo una scelta etica, ma una strategia di sopravvivenza e crescita.

Fa eco all’analisi di Colla la voce di Alberto Meschieri, presidente di Confapi Emilia, che porta il punto di vista diretto delle piccole e medie imprese. Pur concordando sulla strategicità di Transizione 5.0, Meschieri evidenzia come, per le PMI, il piano sia ancora avvolto da incertezze: si conoscono più le “leggende” di Transizione 5.0 che i dettagli concreti, complici la complessità e i continui cambiamenti normativi.

Un’altra criticità, sottolinea Meschieri, arriva dal contesto economico difficile: l’incertezza generale frena la propensione agli investimenti delle PMI. A questo si aggiungono i tempi di realizzazione stringenti imposti dal piano. “Spesso le imprese attendono forniture”, spiega Meschieri, rendendo difficile rispettare le scadenze e portando, in alcuni casi, a rinunciare agli investimenti agevolati.

Nonostante queste difficoltà, Meschieri riconosce la maturità raggiunta dalle PMI: “L’incentivo è un mezzo, non un fine”. Le imprese, dice, capiscono che investire è un’opportunità necessaria per migliorare efficienza e produttività, anche se l’incentivo resta “utile e a volte indispensabile”. La richiesta di fondo, quindi, si allinea a quella di Colla: servono semplificazioni, stabilità normativa e supporto consulenziale qualificato per permettere anche alle PMI di cogliere le opportunità di Transizione 5.0, vista come leva di crescita e non come mero vantaggio finanziario.

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Sulla twin transition il vero collo di bottiglia sono le competenze

Su digitale e sostenibilità il punto forse più critico è il “vuoto di competenze significativo”. Colla è categorico: “Non si fa la transizione senza le teste”. E cita gli sforzi dell’Emilia-Romagna per attrarre e trattenere i talenti sottolineando il ruolo fondamentale di università e formazione.

Green deal: sì agli obiettivi, no alla burocrazia lenta

Colla ne ha anche per il Green Deal europeo: il politico emiliano, europeista convinto, ne condivide gli scopi, ma ne critica la “lentezza nell’applicazione alle filiere strategiche, con troppa burocrazia”. Il rischio? Che resti solo un compito “con un titolo ma senza svolgimento”.

Difendere l’identità manifatturiera

La vera partita per l’Europa, avverte il Vicepresidente, si gioca sulla “competizione tecnologica […] con la Silicon Valley” e con la Cina, “che oggi sulla manifattura ha fatto passi da gigante e ha fatto politiche industriali”.

Per l’Italia, priva di materie prime, è cruciale “portare e tenere l’identità […] industriale manifatturiera,” altrimenti si rischia di diventare “contoterzisti poveri”. Questo vale soprattutto per le piccole medie imprese, le imprese artigiane, spina dorsale del Paese, che devono poter investire in tecnologia.




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